Professione insegnante
Scritto da redazione il 6 Aprile 2021
Ho scelto di insegnare per passione, è quello che ho sempre desiderato. La mia vita è stata scandita dal suono della campanella: sono uscita studentessa e, dopo la ‘pausa universitaria’, sono rientrata dall’altra parte della barricata. Qualcuno mi ha messo il registro in mano e mi ha spinto dentro un’aula polverosa. La prima volta dietro la cattedra è stata un’emozione che fatico a descrivere, tanto era intensa.
Era il 1985, tante cose sono cambiate da allora. La scuola è cambiata, gli studenti sono cambiati, il mondo intorno è cambiato. Sono cambiata sicuramente anche io. Ho molta più esperienza, rispetto alla ragazza impaurita e felice di trentasei anni fa e ho probabilmente meno illusioni. Ma qualcosa dentro è rimasto, uno zoccolo duro che non va via, qualcosa che ti si radica dentro e ti accompagna tutta la vita. Il bello di questa professione è la magia dell’incontro fra il docente e il discente, incontro basato sulla condivisione del sapere, all’interno di aule spesso polverose, malmesse, troppo affollate.
Per anni è stato lavagna e gesso; ora ci sono i pc, il registro elettronico e le LIM, ma la tecnologia fa acqua da tutte le parti, la connessione è ballerina e spesso si è costretti a intervenire con risorse proprie. E con l’immaginazione, la creatività, la passione. Passione: insisto molto su questa parola che i ‘non addetti ai lavori’ potrebbero trovare non consona a una professione che viene vista come impiegatizia, ripetitiva, monotona. Lo sappiamo bene, il nostro ruolo è continuamente sotto attacco e con la pandemia niente è cambiato.
Il mondo esterno e la scuola non sono in sintonia. Da sempre sento dire, con tono sarcastico o con disprezzo malcelato che il mio, il nostro, non è un lavoro serio. Anzi, non è nemmeno un lavoro, a dirla tutta, perché 18 ore alla settimana non sono nemmeno la metà delle ore lavorate dalla maggior parte degli Italiani. In passato provavo a spiegare, ora ho smesso. È peggio della fatica di Sisifo… Ma qualche volta ho l’impressione che la responsabilità di questa incomprensione sia anche di noi insegnanti. Siamo spesso troppo autoreferenziali e contribuiamo così a rinforzare lo iato fra la scuola e la società. Non abbiamo una voce comune né una solida coscienza di categoria che faccia emergere quella voce. Anche per questo trovo l’iniziativa di LaS TV una felice inversione di tendenza. Un tentativo per uscire dall’anonimato. Per esserci.
Lorella Marini