La donna fra retaggio e ri-nascita: 25 novembre Giornata contro la violenza

Scritto da il 13 Novembre 2020

La Donna del silenzio, la Donna della dignità

Mi piace oggi scrivere di un tema di forte attualità, di cui, a mio avviso, dobbiamo parlare ai giovanissimi per renderli consapevoli dell’importanza della donna nel contesto familiare e sociale. Da sempre. E delle importanti trasformazioni socio/ culturali verificatesi in breve tempo nel rapporto uomo/donna. Inutile parlare del 25 novembre come “Giornata contro la violenza sulle donne” in modo esteriore, meglio farlo con il coinvolgimento per portarli, attraverso la conoscenza, al rispetto.

Introduzione poetica

Donna, parola aperta che dice tutto, che dice niente: come Dio, come Cultura.

Inizio il mio articolo partendo dalla poesia. Amo la poesia e scrivo poesia e, a mio avviso, non può esserci niente di più incisivo di una poesia, quasi lama di luce fendente, per esprimere l’essenza della Donna, in particolare la sua determinazione, nel desiderio di rinascita.

Ed ho scelto versi di due poetesse africane, i primi di  Yvette Cristianse del Sudafrica, gli altri di Radhia Chehaibi, tunisina.

Perché proprio due donne africane? Perché è proprio lì, in Africa, che la situazione femminile è ancora arretrata.

Yvette canta:

 Dovessi danzare, sarebbe tra quelle ali sulle onde.

Mi tufferei come gabbiano e neppure più le ceneri rimarrebbero.

Allora, certo, il vento imparerebbe un altro canto.

Ecco, desiderio di canto libero, di danza, desiderio di libertà, desiderio anche di annientamento per la libertà. Di contorno, onde e vento, due elementi che ben traducono l’ansia di vita di Yvette.

L’altra lirica è ancora più intrigante: è di Radhia Cheaibi, una tunisina che reclama la sua Appartenenza in versi significativi.

Là où je mets les pieds
c’est ma patrie
Là où je vais
Ma fierté (orgoglio, fierezza,) me suit.

(Là dove metto i piedi / è la mia ptria/ Là dove io vado/ la mia fierezza mi segue)

Breve excursus sulla storia della donna

Ho intitolato il mio breve intervento  “La Donna del silenzio, la Donna della dignità”. Ecco il perché.

Secoli di storia hanno visto la donna in silenzio; anche quando agiva, non lo faceva in modo prorompente o evidente, ma silenziosamente. 

Nel passato, infatti, esse erano legate ad un modus vivendi, retaggio del patriarcato, alla base di molte società: l’uomo era il Dominus, colui che decideva della vita e delle azioni della donna (compagna, sorella, figlia), bloccava spesso le sue scelte, condizionava la sua volontà,  frustrava ogni sua ambizione.

Pur così, nel silenzio e nella tenacia, le donne hanno superato secoli di paure. E mentre l’uomo cantava inni di guerra e di caccia, la donna rimaneva in silenzio.

Ma quel suo silenzio era vincente.

Uno scrittore e regista spagnolo contemporaneo, Arturo Pérez Reverte, sostiene che la memoria educativa e culturale della donna consisteva nel guardare, in silenzio. Quasi un’eredità genetica la sua. Ma in quel silenzio spesso otteneva quanto voleva.

Vorrei fare con voi una riflessione storica: avete mai pensato a quel femminicidio di massa che è stato la caccia alle streghe? tragedia spaventosa che ebbe luogo tra il XV e il XVIII secolo.

Chi erano le fantomatiche streghe?

Donne che non sono rimaste in silenzio e che hanno avuto il coraggio di affermare la loro libertà di sentire e di giudicare. Ricordo a tal proposito il libro di Mario Boffo, “Femmina strega”, in cui la caccia alle streghe appare come un monito, una punizione esemplare alle donne che osano disobbedire alle regole di una società gerarchizzata ed hanno il coraggio di esprimersi liberamente.

Tornando al valore della donna, un antico proverbio messicano recita:

La casa non poggia le fondamenta sul terreno, ma su una donna.”

Nella sua stringata essenzialità, questo messaggio è un inno alla donna ed alla sua capacità di donare, mediare, comprendere, amare.

 Altro esempio, che porto proprio  per la sua incisività è tratto da un film, ispirato al romanzo dello scrittore statunitense Arthur Golden, “Memorie di una geisha”: la protagonista, una geisha nel Giappone del 1929, che vive e supera traversie di ogni genere, dice di sé: “Mia madre mi diceva che io ero come l’acqua che, quando è intrappolata, si crea un nuovo varco”.

Mi sembra la metafora più adatta a definire la donna di ieri, ma anche quella di oggi. Quella donna che non s’arrende, tenace, che crede, quella che soffre, spesso in silenzio, quella che difende la sua libertà, la sua dignità, la sua speranza. E cerca, sempre, talvolta disperatamente, un nuovo varco.

Oggi la Donna agisce con libertà. Della mente, dell’anima, del cuore. E non è affatto semplice essere liberi: libertà è tirar fuori quello che si è davvero, è una conquista, comporta sacrifici. Rifiutare costrizioni, ambiguità, compromessi, raggiungere un’indipendenza economica, tutto questo è libertà. Già di per sé non è cosa facile. Per la donna, poi, la libertà è una scelta complessa. È un continuo specchiarsi in sé, con impegno, con apertura a opportunità e progetti nuovi.

Per questo richiede coraggio. Prendere decisioni e assumere i rischi.

Il segreto della felicità è la libertà, il segreto della libertà è il coraggio”, lo dice Carrie Jones, giornalista e scrittrice statunitense

Ho seguito vicende femminili, che in questo ultimo periodo affollano talkshow, dibattiti, tavoli di confronto tra esperti. Si parla, si discute, si scrive su donne: anche io ho provato questo desiderio. Ho scritto una silloge di racconti che analizzano la donna, e quello che essa vive oggi a diverse fasce di età e in diversi contesti socio/culturali.

Le creature del mio femminile vogliono essere un omaggio alle donne che combattono, nel silenzio o nella determinazione, per portare avanti il loro messaggio di sopravvivenza coraggiosa e di vittoria sulle avversità.

Comunque, affrontando razionalmente il tema, ci si rende conto che la metamorfosi socio/culturale attuale è stata troppo rapida e non ha consentito a donne e uomini di rielaborare in modo adeguato il cambiamento.

Ad una donna silenziosa e laboriosa si è sostituita una donna sicura di sé e disinvolta, ambiziosa e libera. E l’uomo è rimasto spesso spettatore disorientato. Ma cosa si fa oltre  che parlarne e discuterne?

Bisogna  introiettare nelle coscienze umane un cambiamento inevitabile e radicale del rapporto uomo/donna. E lo si può fare solo partendo dai giovanissimi, con l’educazione, nel senso etimologico del termine (da e-ducere: tirar fuori, far venire su dalla coscienza), “iniettando” già nei bambini il senso della trasformazione sociale e morale e del rispetto reciproco.

Conclusioni

Prima delle conclusioni, un consiglio: ascoltate “Via Broletto 34”, un brano di Sergio Endrigo del 1962, un vero gioiello musicale che, in modo elegante e quasi garbato, descrive un femminicidio, antico nel tempo, ma vicino nei modi.

Se passate da via Broletto

al numero 34

potete anche gridare…

l’amore mio non si sveglierà…”

Con la poesia vorrei chiudere, come ho cominciato.

Per la precisione, con i versi emblematici di una grande poetessa del mondo arabo, la palestinese Fadwa Tuquàn, donna di cultura, donna di forti passioni patriottiche, coraggiosa nel difendere i diritti della Palestina, donna consapevole della necessità di migliorare la condizione femminile nel mondo arabo.

“Canterò i desideri della mia anima/ anche se mi schiaccerete in catene

Passione, energia morale, determinazione, dignità e coraggio: queste sono le armi della donna. D’Italia, d’Europa, d’Africa, del mondo.

Foto di Hella Nijssen da Pixabay


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