ADOZIONE: QUANDO LA SCUOLA FUNZIONA

Scritto da il 9 Ottobre 2020

La positiva esperienza dell’inserimento scolastico di due bambini adottati.

Sono madre adottiva di due bambini indiani di sette e dieci anni. L’adozione in sé è un percorso meraviglioso ma allo stesso tempo complesso e tortuoso. Quando arriva il tempo dell’inserimento a scuola iniziano le ansie e i timori legati all’integrazione di un bambino di etnia differente a quella del territorio, alle eventuali difficoltà di apprendimento dovute alle carenti stimolazioni ricevute nel paese d’origine e alle competenze linguistiche non ancora del tutto sviluppate. Poi c’è lo zaino. Sì quello zaino in cui, tra i libri, si nascondono storie di sofferenza, soprusi, lutti e abbandoni, che insegnanti non sufficientemente formati potrebbero inconsapevolmente risvegliare.
Purtroppo non tutte le scuole sono formate all’accoglienza di un bambino adottato, che spesso viene considerato semplicemente come un alunno “straniero”. No, un bambino adottato non parla solo una lingua differente dall’italiano. Personalmente penso che le competenze linguistiche siano l’ultimo dei problemi da affrontare. I bisogni di questi bambini sono molti, profondi e non sempre facili da comprendere, tanto che il MIUR, il 18-12-2014, ha ritenuto opportuno emanare le “Linee d’indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati”.
Sono diffuse le testimonianze di genitori adottivi che vivono le difficoltà dei propri figli a scuola, generalmente legate alla scarsa formazione del personale scolastico nell’affrontare tematiche relative alle problematiche connesse alle storie personali di questi bambini.
I miei figli sono stati fortunati. Nell’anno scolastico 2018/19 sono stati inseriti alla scuola dell’infanzia “S.Bartolomeo” e scuola primaria “Primo Maggio” dell’I.C.1 Martini di Treviso. Come genitori non abbiamo dovuto fornire indicazioni specifiche, richiedere colloqui con gli psicologi che hanno seguito il percorso adottivo, né fornire le Linee di indirizzo emanate dal MIUR. Siamo entrati in una comunità educativa in cui, come riportano le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”, l’alunno “è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi.” Non ci sono mai state incomprensioni: solo accoglienza e rassicurazione, in un clima disteso e di piena apertura. Il personale scolastico ha svolto un percorso di formazione per l’accoglienza dei bambini adottati, anche se personalmente penso non sia questo che abbia reso semplice l’inserimento dei miei figli. La scuola ha una specifica connotazione: valorizzare le differenze, in ogni loro forma, affinché diventino un valore aggiunto. E’ quella famosa scuola di tutti e di ciascuno, prezioso punto di riferimento per il territorio. Ogni anno vengono organizzati laboratori a classi aperte, imperniati sulla conoscenza di vari stati del mondo. Il tutto sfocia in una festa finale in cui i bambini presentano tradizioni e cultura del paese studiato. Genitori e insegnanti hanno formato un coro che si esibisce con canzoni provenienti da tutto il mondo. Sono molte le iniziative interne alla scuola che permettono di creare un clima di piena inclusione ma ritengo sia necessario citare chi permette che tutto questo accada: gli insegnanti. Sì, perché sono i docenti che “fanno” la scuola. I miei bambini vanno a scuola sereni e felici e per questo vorrei ringraziare tutte le insegnanti di questi plessi, con particolare attenzione a quelle dei miei figli: Simonetta Amadio, Elena Di Bartolomeo, Maggie Lamon, Stefania Papesso, Paola Dalla Pola, Antonella Balletti, Mariella Lupica, Maria Antonietta Dall’Agnese, Alessandra Grespan, Gemma Tisci, Bernardetta Centazzo, Paola Basco, Valentina Figallo, Anna Stabini, Paola Pasqualon (insegnante e prima collaboratrice della DS). Un ringraziamento speciale alla Dirigente Scolastica Prof.ssa Luana Scarfi.

Silvia Mei, Treviso


Opinione dei lettori
  1. Elise Julie Pasquier   Di   9 Ottobre 2020 alle 16:34

    Cara Silvia, concordo su tutto quello che hai scritto. Queste due scuole sono speciali. Sono luoghi aperti alla vita, alle differenze che, valorizzate, diventono risorse preziose. Anche noi le abbiamo scelte per i nostri due figli. E il percorso fatto (il più grande ha fatto tutta la primaria) e che stiamo facendo ora con il secondo in classe seconda elementare è estremamente nutriente a tutti i livelli ( umano, didattico, relazionale, culturale, interculturale…). Posso dire esattamente la stessa cosa per come siamo stati e come è stato accolto nostro figlio minore portatore di handicap. Squadra di maestre, addetta all’assistenza, maestre di sostegno, preside, vice preside (tutte persone nominate nel tuo articolo) e collaboratori scolastici formidabili. Rappresentano il famoso, prezioso e vitale villaggio-comunità benefica alla crescita di un bambino e di una famiglia, di bambini e le loro famiglie. Elise

    • Mei Silvia   Di   10 Ottobre 2020 alle 14:13

      Carississima Elise, grazie del tuo commento. È importante che valorizziamo le scuole che pongono attenzione ai bambini e ai loro bisogni. Dobbiamo unirci e dire a gran voce che le scuole che funzionano esistono!
      Un abbraccio a te e a tutta la tua famiglia.

  2. Angela procaccini   Di   10 Ottobre 2020 alle 08:55

    Ho avuto anche io esperienze di questo genere. Ed ho anche lavorato nella Commissione Adozioni Internazionali presso la PCM a Roma. So cosa sono gli Istituti per Infanzia abbandonata di Kiev e Rabat dove sono stata. Conosco lo sguardo malinconico di questi bambini. Per questo concordo pienamente con l’autrice del testo. Tanta attenzione , quindi, per bambini la cui difficoltà non è tanto quella della lingua, ma quella delle carenze affettive.

    • Mei Silvia   Di   10 Ottobre 2020 alle 14:16

      Carissima Angela grazie. Questi bambini hanno bisogni che vanno al di là della lingua. Dobbiamo formare e informare e prendere a modello le scuole che sanno rispondere alle necessità di questi alunni. Grazie

  3. Lucilla   Di   10 Ottobre 2020 alle 20:00

    Splendido articolo! Condivido che per il bambino adottati L’ ultimo problema sia L’ acquisizione delle competenze linguistiche. Complimenti alla redattrice

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