Bruttezza in cattedra. L’indecoroso quotidiano dei nostri ambienti scolastici
Scritto da redazione il 3 Ottobre 2020
Locali sporchi, indecorosi e inospitali, apparecchi guasti, segnaletica approssimativa, rumore e degrado, bagni indegni e in generale innumerevoli brutture ordinarie, a cui siamo abituati in molte scuole, tengono quotidianamente una controlezione di non-cittadinanza molto più pervasiva di quelle che ci sforziamo di impartire a parole ai nostri allievi. Il personale scolastico sembra ignorare l’importanza di lavorare in un luogo piacevole, luminoso, pulito, comodo, dove le regole di comportamento ordinarie lo mantengano accogliente e funzionale per tutti; eppure, implicitamente o borbottandolo nei corridoi, ciascuno si lamenta per i muri sporchi, la differenziata oltraggiata, i bagni da quarto mondo, le aule poco illuminate e areate, i computer obsoleti e danneggiati, l’aula docenti inospitale, i locali di ricevimento dei genitori squallidi e via dicendo. Vi suona familiare? O appartenete a quelle rare oasi in cui ti senti bene, che ti predispongono a varcarne volentieri il cancello ogni mattina e che ti inducono, per osmosi, a trattarne con particolare cura ambienti e suppellettili? Dove nasce spontanea una sana gara a contribuire alla bellezza e all’ordine, come in quei paesini di montagna dove ogni balcone è fiorito e ogni strada porta i segni di un’appartenenza collettiva? Quanto incide la qualità fisica, tangibile, di un luogo come una scuola, sulla dedizione, passione, energia e cura che coloro che vi passano tante ore al giorno mettono nel loro operato? Che ricaduta ha sul piano didattico e disciplinare? Sui consumi e gli sprechi, sulla manutenzione, sulla sicurezza? Perché ci siamo abituati al brutto? Perché sembriamo sempre indietro rispetto a bisogni cronici? Perché, laddove manchi l’intervento tempestivo e risolutivo degli Enti preposti, il personale che si trova a fronteggiare carenze e problemi non si attiva in modo corale, organizzato, e cerca nel frattempo soluzioni pratiche condivise? Cosa ce lo impedisce? Perché un collegio docenti di decine di cervelli altamente istruiti non elabora una visione di scuola bella, gradevole, a misura di ragazzo e adulto, e si organizza in passi concreti per fare pressione sulle istituzioni e l’opinione pubblica per realizzare questo modello condiviso? È un circolo vizioso? Il senso di distanza e di impersonalità nella scuola è così forte da inibire l’individuale aspirazione al bello e buono, contribuendo a sua volta a lasciar degradare ulteriormente le cose? È l’attuarsi della teoria delle finestre rotte ? Voi che dite?
Marco Picchianti Castelfranco Piandiscò (AR)