Più donne nei manuali scolastici e un nuovo linguaggio, perché tornare su una vecchia novità
Scritto da redazione il 6 Agosto 2020
Partiamo da una premessa che auspichiamo sia condivisa: la scuola dovrebbe essere una comunità in grado di edificare una società democratica, libera, fatta da eguali. Un laboratorio dove costruire insieme sapere che utilizzi diversi strumenti e dispositivi di apprendimento. E benché con la famigerata DAD si sia scoperto che la classe docente si avvalga di altri sussidi didattici, il libro di testo permane, anche in versione digitale, lo strumento principe dell’apprendimento, in primis per la scuola dell’obbligo . È altrettanto chiaro come i libri di testo siano sessisti, nel linguaggio e nei contenuti veicolati. Da anni assistiamo a denunce e dibattiti provenienti dal mondo accademico sulla mancanza di una educazione di genere e soprattutto sul perpetuarsi di modelli educativi che propongono stereotipi a vario livello.
La maggior parte delle narrazioni nei sussidiari della primaria ha come protagonisti dei maschi, la figura femminile continua a essere ingabbiata in modelli che vanno dalla principessa o alla vestale del focolare, così afferma uno studio di Irene Dora Maria Scierri sulle disuguaglianze di genere nei manuali scolastici o ci basti citare il volume di Irene Biemmi “ Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari” (Rosenberg & Sellier) in cu I si spiega magistralmente che i maschi, come dimostra l’analisi quantitativa, sono i padroni della scena: la loro importanza è sottolineata dal fatto che si parla continuamente di “loro”. Nei brani vengono descritte come naturali le loro azioni decisive, le loro gesta eroiche e avventurose, i loro viaggi, i loro mestieri, le loro caratteristiche di forza e coraggio, la loro cultura, la loro intelligenza. Le donne, invece, sono rappresentate come timide, indifese, poco determinate, piagnucolose e, nella maggioranza dei casi descritte solo fisicamente: belle, regali, eleganti, docili, e quando si accenna alla bruttezza di qualcuna, si prende un tono denigratorio, quasi che la bruttezza fosse una colpa. Appare evidente, a livello trasversale, un genere di modello tradizionale in cui il maschio è libero di agire e muoversi, mentre la femmina non ha la medesima realizzazione al di fuori della dimensione familiare ed è relegata al lavoro di cura. Diversa è la presenza femminile nella narrativa per ragazzi degli ultimi anni, e nella letteratura divulgativa : per comprendere la necessità di un chiaro ripensamento dell’editoria scolastica in un’ottica di genere basti guardare al fenomeno editoriale Storie della buonanotte per bambine ribelli di Elena Favilli e Francesca Cavallo (Mondadori), al più recente Ragazze coi numeri di Vichi De Marchi e Roberta Vulci (Editoriale Scienza) o alla graphic novel che unisce il linguaggio del fumetto e la storia di genere Cattive ragazze di Assia Petricelli e Sergio Riccardi (Sinnos), vera miniera didattica per le/i docenti. Spesso leggiamo nei libri di storia della secondaria le imprese formidabili dell’uomo del medioevo o del rinascimento ma anche nel linguaggio quell’uso sessista permane: l’uomo scopre, inventa, guerreggia e le donne sono relegate in appendice, un’aggiunta alla narrazione storica evenemenziale posta in primo piano. Lo afferma da anni la SIS, società italiana delle storiche, impegnata nella formazione docente e nella didattica della storia e lo mostra la casa editrice Settenove con la collana Storie nella storia, mirando ad altri sguardi e nuovi racconti. Eppure le Indicazioni nazionali del 2012 auspicano per la didatticadella storia che “ In particolare, gli insegnanti metteranno in evidenza i rapporti tra istituzioni e società, le differenze di genere e di generazioni, le forme statuali, le istituzioni democratiche”. La storia delle donne non chiede di essere aggiunta ma di proporre nuove letture e differenti punti di vista così come dovrebbe accadere per l’insegnamento di qualsiasi altra disciplina come le scienze, la musica o l’arte. Si potrebbe facilmente obiettare che il ruolo stesso dell’insegnante sia quello di integrare, adeguare con diversi strumenti e metodologie, progettare il processo di apprendimento di quella scuola laboratorio di democrazia. Eppure ciò non è sempre vero poiché non solo i materiali da usare in classe, di ogni disciplina e insegnamento non offrano alcuna possibilità di uno sguardo rispettoso del genere ma sottintendono una narrazione precostituita in cui il femminile sia quasi sempre un accessorio al discorso. Non stiamo parlando di quote rosa della cultura ma di un cambiamento radicale di prospettiva educativa, che necessita di autoriflessione, un nuovo linguaggio che nomini tutte e tutti, una supervisione pedagogica e metodologie attive . Per questa ragione si è costituito a Giugno 2020 il gruppo di docenti Indici Paritari-Più donne nei manuali scolastici e un nuovo linguaggio che ha come intento quello di diffondere il tema dell’educazione di genere per tutte le discipline e gli ordini di scuola, riflettere sull’obiettivo dell’inclusività e spingere le realtà editoriali a ripensare i propri prodotti culturali. Filomena Taverniti, gruppo Indici Paritari-Più donne nei manuali scolastici e un nuovo linguaggio , docente di lettere della scuola secondaria. Per sottoscrivere il nostro appello alle realtà editoriali della scuola: https://forms.gle/U6CjLmzXdu9wdnih6