E’ ANDATO TUTTO BENE: Riflessioni di una maestra a fine ciclo
Scritto da redazione il 23 Giugno 2021
Ed eccomi qui a riordinare l’aula.
Il momento del riordino dell’aula a fine ciclo -così noi maestre e maestri della
primaria chiamiamo la conclusione della quinta classe- è il momento più
trascurato dall’Istituzione, ma più denso di significati della vita scolastica:
ti trovi da sola a fare scelte: cosa tengo e cosa butto? Che vuol dire cosa ha
avuto significato ed è degno di nuova presa in carico emotiva e riflessiva e
cosa, invece, esaurisce la sua funzione qui e ora; importante anche questo: qui
e ora ma non più per domani!
Ecco che tra pile di vecchi quaderni spunta una foto: tre bambini…chi sono? Ma
sì? E’ una foto scattata il primo giorno di scuola della prima classe: con il
loro grembiulino ben stirato, i capelli raccolti in treccine la bimba e il
ciuffetto “impomatato” i due maschietti; sorridono; in secondo piano si
percepisce la presenza dei genitori alle spalle. Lo ricordo bene il primo
giorno: l’emozione affiancava l’attenzione a dare segni di accoglienza e ascolto
ma anche a carpire eventuali disagi, la soddisfazione per aver ritrovato un
certo compagno o la delusione per averne visto un altro desiderato in un’altra
sezione.
La prima classe è faticosa: hai lì davanti a te una ventina di piccoli
sconosciuti che, ciascuno diversamente, si aspetta di scoprire la scuola dei
“grandi” e tu, invece, pensi che non devi far sentire troppo il salto, che
magari i primi giorni si può ancora “giocare a far finta che siamo alla
materna”, perché – e bisogna pur dirlo!- il mito della “continuità è degli
adulti! I bambini sono lì perché vogliono imparare il “mistero” della lettura e
della scrittura!
Ecco: la prima classe è questo! Un gruppo di bambini, non ancora una classe –
ché per fare di un gruppo una classe ci vogliono ben altro che qualche ora di
progetto centrato sulla relazionalità- che è tutto concentrato a voler imparare
il sistema di letto scrittura…e con i bambini i genitori!
E si comincia: sforzo, fatica, qualche pianto e qualche viso che si illumina ed
ecco che, miracolosamente, intorno a Natale, tutti scrivono la loro letterina –
non importa a chi -. E’ il dono più grande che un insegnante fa ai suoi alunni:
per sempre e per la vita il suo nome sarà legato all’apprendimento del sistema
con cui i pensieri diventano traccia scritta, visibile, comunicabile,
condivisibile. Ma è anche il dono più grande che i bambini fanno alla maestra
perché, le neuroscienze ce lo insegnano, il cervello dei bambini di sei anni è
fatto per imparare il sistema alfabetico, qualunque insegnante e con qualunque
metodo quei bambini avrebbero imparato, ma loro diranno sempre che sei stata tu
l’artefice del più grande comportamento che fa UOMO ogni UOMO: scrivere e
leggere le proprie e altrui idee!
E intanto ci si studia a vicenda: si osservano reazioni e comportamenti; si
fanno colloqui con i genitori; è costante il contatto sul diario e il
rincorrersi fuori da scuola: è difficile per i genitori lasciare la possibilità
del contatto quotidiano e diretto che avevano con l’insegnante della materna!
Questa foto la tengo e la metto con le altre delle tre prime classi della mia
carriera!
E questo cos’é? Ah, ecco dov’era finito: il libricino “La zuppa di sasso”, il
primo vero libro letto dai bambini in seconda. La seconda: è la classe dove la
capacità di leggere si raffina, si chiede ai bambini di diventare più
scorrevoli, se possibile anche espressivi. Con “La zuppa di sasso” avevamo
preparato una piccola rappresentazione-incontro con i genitori in cui, alla
fine, i bambini, tutti i bambini, hanno ricevuto “LA PATENTE DI LETTORE” . Un
momento importante perché da allora è diventato per tutti necessario continuare
a leggere e a leggere libri sempre più impegnativi, proprio come si fa con
l’auto: se non guidi poi dimentichi e la patente diventa un documento inutile
nel portafogli! Il libricino me lo tengo, nella prossima seconda sicuramente
sceglieremo altro materiale editoriale ma -chissà- questo testo potrebbe tornare
sicuramente utile!
Poi una “paccata” di “schede” -verifiche quadrimestrali d’Istitutobeh…consentitemi: queste le butto! E non sto neanche a guardare le
valutazioni…ma mi tengo le cartelline: non ce ne sono mai abbastanza!
Ecco un plico di autorizzazioni tenuto insieme da spillette: le autorizzazioni
all’uscita didattica presso un parco archeologico: in terza i bambini vengono
avviati allo studio dei contenuti disciplinari strutturati e formalizzati; è in
terza che ho iniziato a far diventare loro la mia passione per la Storia! In
terza il gruppo di bambini è diventato classe, la TUA classe, piano piano, in
modo quasi magico si modellano vicendevolmente tra loro e con te! A fine terza,
quando qualche adulto della scuola vede un bambino nei corridoi sa dire, non sai
bene in base a che, quale sia la sua o il suo insegnante! Fantastico no?! Le
autorizzazioni le butto ma tengo tutti i disegni fatti durante il laboratorio e
rimasti sul fondo di una cassetta: sono impolverati ma me li terrò come ricordo
e tengo anche i riferimenti del laboratorio -chissà -la prossima terza!
E questo cos’è? Un foglio con il nome di una bambina e un CIAO scritto da
me…ora ricordo! E’ uno dei fogli che avevo sistemato sulla pila dei libri
quando venne data l’autorizzazione ai genitori per l’ingresso scaglionato a
ritirare i materiali rimasti a scuola per l’improvviso inizio della tragedia: il
lockdown e un intero quadrimestre di didattica a distanza! I ricordi qui si
accavallano e spuntano le lacrime, lacrime che mi spuntano anche ora mentre
scrivo! Quattro mesi trascorsi tra il tentativo di capire cosa stava succedendo,
cosa potevano fare e come. Gli schermi dei computer diventati protagonisti, i
volti disorientati, le uscite annullate senza alcuna speranza, qualche
bruttissima notizia su qualche nonno che se ne era andato definitivamente.
Il “programma”? Ma che domanda è? Il programma da un computer si può svolgere
tutto ma cosa è rimasto ai bambini di “quel” programma? Posso dire, senza aver
pretesa di far statistica, che gli alunni della mia classe, nella distanza,
hanno rinforzato i loro legami ma loro sono bambini “fortunati”: tutti con uno o
più device, tutti con qualche adulto che li aiutava, tutti con spazi in cui
studiare comodamente, ma pur nella “fortuna” nessuno potrà restituire loro le
esperienze di educazione fisica e motoria, la giornata dello Sport, lo
spettacolo finale, le uscite didattiche sul loro territorio o più lontano…e
gli altri? Quelli che non posso chiamare I MIEI BAMBINI ma che sono tutti
NOSTRI? Non voglio essere melliflua ma qualcuno dovrà pensarci prima o poi! E
non parlatemi dei bambini delle “bombe” o “dei terremoti”, lo so, lo so? E
allora? Accettiamo così la sconfitta? Questo foglio lo butto, troppe lacrime! Di
quei giorni ho tutto quanto i bambini hanno elaborato nella Didattica a
Distanza: centinaia di documenti, foto, messaggi, tutto sul computer, salvato e
ordinato in cartelle che non cancellerò mai!
In quinta, quest’anno, in accordo con i genitori, abbiamo cercato di fare tutto
quanto era possibile per restituire brandelli di esperienze perse l’anno scorso:
giochi all’aperto, ore e ore in palestra o in sala teatro, progetti di
affettività, spettacoli teatrali, attività in Inglese, feste di compleanno,
incontri “volontari” fuori orario scolastico in luoghi notevoli della nostra
città; a fine anno i miei ex alunni mi hanno fatto due meravigliosi regali,
questi sì, li conserverò per la vita: un libro stampato con le foto ricordo dei
momenti più belli dei cinque anni insieme e il certificato di adozione di un
albero in Kenia rilasciato da una ente internazionale accreditato: il passato
bello e il futuro bello!
E ora che tutto è passato, che tutto è andato bene: tutti splendidamente grandi
e meravigliosi, pronti per cominciare la loro nuova avventura alle medie? Io
sono qui, continuo a riordinare e mi scopro a pensare i bambini che arriveranno
a settembre: dei nuovi “estranei” che mi regaleranno la loro esistenza per il
tempo che staranno con me …e io donerò loro la mia.
Donata Baccelliere