Giornata per le vittime innocenti delle mafie: Simonetta Lamberti, vittima undicenne, nella testimonianza della mamma
Scritto da Angela Procaccini il 26 Marzo 2022
Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti delle mafie: Liceo Classico Regina Margherita, Salerno
“Non esiste separazione definitiva
finché esiste il ricordo”
Isabel Allende
Il forte coinvolgimento della Dirigente Angela Nappi, di Alfonso Ferraioli e il calore della loro richiesta si sono sommati al desiderio che ormai da un po’ mi prende di parlare di Lei, di mia figlia Simonetta.
È vero, io la “tormentavo”, per così dire, con il mio affetto.
Era proprio la bambina che avevo delineato nella mai fantasia prima che nascesse.
Bionda, dal viso ovale, con gli occhi verdi luccicanti di scintille, esile e dai modi gentili. Sentivo il bisogno di fissare nelle foto le sue fattezze. Tante le immagini che la ritraggono e per me era un divertimento fotografarla, con i suoi lineamenti dolci, la sua aria quasi smarrita e i suoi vestitini a camicione che ricordavano la bambola Holly Hobbie.
Ci divertivamo così io e Lei. In un’intesa che aveva qualcosa di straordinario, per la quale bastava guardarci, ed era tutto chiaro.
Poi la tragedia. Improvvisa, inaspettata, violenta come un’ondata violenta di acqua, detriti e fango che spazza via tutto e lascia dietro di sé morte, malessere, buio, rimpianto, incertezze e vuoti.
La nostra vita, quella di noi superstiti, non è mai stata più quella di prima.
E nel dolore ognuno reagisce un po’ a modo suo.
Per me, c’è stato un periodo di nebbie fitte, che mi hanno chiusa in me stessa, senza porte e senza finestre.
Questo perché il dolore è qualcosa di molto strano, è come un apprendistato necessario. Senza dolore non cresciamo realmente. All’inizio uno si difende, sbatte i piedi, resiste, lo nega, lo respinge, si ribella, ma il dolore è persistente. Se sei forte e hai fortuna, ti piega, ma non ti spezza.
C’è un momento per accettare, ti rendi conto lentamente che non c’è scappatoia possibile e che devi bere fino all’ultima goccia di questo calice. Soffrire e niente più, senza attenuanti, e arrivare al fondo. Poi, dai una bracciata e cominci a risalire verso la superficie.
La grande scrittrice Isabel Allende, che ha conosciuto un dolore forte quanto il mio, qualche tempo dopo la morte della figlia Paula, teneramente chiamata Paulita, in un’intervista disse:” Il dolore è un lungo tunnel scuro che dobbiamo percorrere da soli. C’è luce dall’altra parte, bisogna continuare a camminare e confidare nella forza della vita.”
Prima di andare oltre, vorrei riportare un passo del discorso di Davide Fossoli, Presidente del Parlamento Europeo, morto a gennaio 2022, a proposito delle vittime. Lui parla di vittime di guerra e di persecuzioni razziali, ma gli occhi sono gli stessi in tutti.
“Mi hanno sempre colpito gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità. E, guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi. Sono quelli delle foto nei lager, dei condannati a morte, quelli che ritroviamo sempre, in ogni guerra, in ogni persona annientata, in tutti coloro che cercano di salvarsi… nelle colonne di famiglie che scappano, nei bambini smarriti, in coloro che si aggrappano alla vita, mentre stanno per perderla”
Ecco. Sono anche gli occhi delle vittime innocenti delle mafie, bambini, giovani, donne e persone adulte, bloccate nello sguardo fisso che non ha più possibilità di trasformarsi.
Come sono gli occhi delle colonne di donne e bambini ucraini al cui esodo vergognoso stiamo assistendo.
Ma oggi qui con voi non voglio parlare di dolore. Voglio parlare di Memoria, di Amore, di Coraggio, di Pace, di Perdono.
Soprattutto di giovani, di voi giovani, soprattutto quelli che soffrono, quelli che avvertono una morsa dentro, anche senza un perché, quelli che combattono per i loro ideali, quelli che con coraggio procedono per una strada non sempre facile.
Quelli che credono e che per fede in un ideale o in obiettivo da raggiungere combattono.
Quelli che desiderano la Pace, per sé e per i loro cari.
Donna sarebbe oggi Simonetta, Donna di coraggio, di Amore e di Pace.
Perciò dico a voi, qui presenti, la vostra vita stringetela forte, non gettatela via. Perché è sacra, perché è unica.
Perché a Lei, Simonetta, l’hanno spezzata senza un perché.
Forse qualcuno di voi potrebbe chiedermi, come ho potuto superare la morte di una figlia. Anche la lingua, infatti, la rifiuta, perché “orfano” è il figlio che perde il genitore, ma non c’è termine adeguato per definire il genitore che perde il figlio.
La grande poetessa Emily Dickinson afferma: “Chi è amato non conosce morte.
Perché l’Amore è immortalità, sostanza divina”
Per questo, Simonetta, da bambina vittima di una cronaca spietata, è diventata una di quelle piccole divinità che, nei secoli, hanno incarnato la disumana antinomia fra affetto e vita, fra le due grandi fatalità: il generare e il morire.
E l’Amore che tiene in vita Simonetta, ormai conosciuta e amata da tanti, ha aiutato anche me.
Vivere odiando fa male. Ma io, per un prodigioso fenomeno, o per grazia di Dio o per predisposizione naturale, riverso Amore sugli altri, quello che non ho potuto donare a Lei.
“E saprò accarezzare nuovi fiori,
perché tu mi insegnasti la tenerezza” scriveva Pablo Neruda
Così aiuto i ragazzi in difficoltà, cerco di comprendere i miei alunni, i miei ragazzi.
Così sono riuscita a perdonare uno degli assassini del commando camorristico, dopo molti anni dalla tragedia.
E nel Tribunale di Salerno, dove c’è stata 4 anni fa l’ultima udienza, ho provato compassione per un uomo chiuso in gabbia, dagli occhi bassi e senza parole, ho pensato quello che Maїti Girtanner, pianista ebrea, pensò dei suoi aguzzini:
“ Meme les bourreaux ont une ame” Anche i carnefici hanno un’anima”.
Perciò ho perdonato.
Napoli, 21 marzo 2022
Angela Procaccini