Per una Scuola inclusiva…

Scritto da il 16 Giugno 2021

Uno delle parole chiave che identificano la mission  della scuola De Amicis di San Severo  è: “INCLUSIONE ”.

L’ abbiamo  affissa, a caratteri cubitali negli spazi della scuola, insieme alle parole “INNOVAZIONE”, “COOPERAZIONE”, “BENESSERE”, quasi un  biglietto da visita  per i visitatori, un  monito costante per i docenti e  messaggio per i piccoli alunni.

Ma di tutte le parole inclusione è la più importante e pregna di significato.

Mi chiedo spesso, come io possa, in veste di dirigente scolastico  promuovere una scuola davvero  inclusiva…

Comprendo che questa è la sfida più ardua: realizzare una scuola che possa corrispondere ai bisogni educativi speciali di tutti gli alunni.

Ma  se tutti gli alunni sono a loro modo speciali, perché la scuola si ostina a proporre un sistema di apprendimento/ insegnamento calibrato su un modello di bambino standard? La teoria delle intelligenze multiple di gardneriana memoria non ci ha insegnato nulla?

Non si tratta di includere il “diverso”in un contesto strutturato  in maniera aprioristica, adattandolo al meglio, occorre invece  realizzare una “rivoluzione” culturale, e pedagogica che coinvolga il sistema scolastico nella sua interezza, da un punto di vista organizzativo, metodologico didattico, relazionale, al suo interno, realizzando  poi alleanze educativa con l’esterno: famiglia, territorio, operatori, enti locali.

La presa in carico dell’alunno con difficoltà  non può essere  appannaggio  del docente di sostegno, ma cura della scuola e dell’intera comunità scolastica e sociale:ciascuno dovrà sentirsi “ chiamato in causa” in questa grande sfida.

L’ Oms con il modello ICF vuole offrire un linguaggio universale che ci fa vedere alla persona, non nella sua disabilità ma nel suo “funzionamento”, come risultante di componenti biologiche, psicologiche e sociali.

Ciò richiama ad un grande impegno: il contesto può porsi come facilitazione o barriera, pertanto si rende necessario  fare della scuola e della comunità luoghi di facilitazione, che non solo non creano ostacoli, ma siano in grado di abbatterli.

Un ambiente è facilitante per tutti i bambini se luogo di apprendimento, di sperimentazione, di  esperienze che chiamino in causa linguaggi diversi, di modalità cooperative di lavoro, di attenzione alle componenti  emotive…

E per la rimozione delle barriere, cosa fare?

Le barriere  più grandi e difficili da rimuovere  non sono quelle  strutturali  ma mentali e si possono abbattere  solo promuovendo una cultura dell’ inclusione in grado di accogliere la diversità come valore, vivendo la  presenza in una classe di un alunno con  difficoltà,  come  motore  di innovazione, sollecitatore di cooperazione, in grado di dare la più grande delle lezioni di vita: accogliere l’altro nella sua unicità di persona.

Come dice il nostro inno: “A scuola scopriamo di essere speciali, l’essere diversi è una ricchezza, da tutti impariamo qualcosa di nuovo, e cooperando costruiremo tanto…”

La cultura dell’inclusione richiede un’apertura mentale che dovrà innestarsi su un’adeguata  conoscenza delle problematiche, pertanto la formazione diventa presupposto fondamentale. Ma da lì occorre promuovere una   dimensione collaborativa a tutti i livelli, ed esercitare   la capacità di ascolto ed empatia, la “comprensione della persona” che come tale sarà aiutata ad esprimere tutto il suo potenziale, per dare  al mondo   la versione migliore di  sé.

Questa è la sfida che ogni educatore deve darsi per ciascun bambino, nell’essere speciale unico ed irripetibile di ognuno.

Nell” “I CARE”, “m’importa”, “mi sta a cuore”, secondo la lezione di don Milani, penso possa trovarsi la “stella polare” dell’agire come educatori,  per di tutti i bambini, con o senza difficoltà.


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