IL SENSO DELLA SCUOLA
Scritto da redazione il 25 Aprile 2021
Da oltre mezzo secolo la Scuola non era al centro del dibattito
pubblico e politico in modo così importante come in questo anno:
negli anni sessanta e settanta, l’istituzione della Scuola Media
Unica, l’apertura di sezioni di Scuola Materna Statale, i decreti
che istituivano gli Organi Collegiali, la legge che apriva le
cosiddette “classi comuni” agli studenti disabili, l’avvio della
sperimentazione del Tempo Pieno resero la Scuola un luogo in cui
istanze sociali di partecipazione, inclusione, promozione sociale,
supporto al ruolo femminile trovavano una forma di accoglienza
sostanziale.
In quegli anni, però, a differenza di quanto sta succedendo
attualmente, erano gli insegnanti stessi a premere sul mondo
politico per fare della scuola il motore di una nuova società,
democratica ed equa. Oggi gli insegnanti, invece, stanno fuori dal
dibattito vero e proprio e assistono, muti, a quanto viene deciso
da lobbies economiche nazionali e internazionali, alzando la voce
solo quando vengono intaccati interessi “di categoria”.
Da insegnante so che, ormai, la stanchezza del rimanere
inascoltati ha preso il sopravvento, così come i diversi
provvedimenti “divisivi” hanno intaccato la disponibilità a un
discorso pubblico unico, volto all’interesse del sistema formativo
tutto: precarizzazione, contrattualità diversificata, rapporti
conflittuali con le dirigenze autonome hanno reso primaria, per
ogni professionista della Scuola, l’attenzione alla propria
individuale condizione lavorativa.
Gli organi di comunicazione hanno fatto il resto muovendo
l’opinione pubblica “contro” un mondo, quello della Scuola
appunto, visto come costituito da “privilegiati”, “stipendiati
sicuri”, talvolta incompetenti o, addirittura, pessimo esempio di
cittadinanza. Tutti abbiamo presente qualche articolo, qualche
condivisione sui social o qualche siparietto in talk show in cui
si è convogliata l’attenzione dei lettori/spettatori su aspetti
anche “folkloristici” in tal senso.
Ora, dopo un anno trascorso tra aperture e chiusure, Didattica a
Distanza e Didattica Digitale Integrata, sterili diatribe su
“banchi a rotelle”, “interrogazioni bendate”, questioni sulla
privacy e sull’utilizzo di piattaforme commerciali per le
attività/lezioni on line e molte altre questioni, credo, da
insegnante, di poter fare il punto sul senso che la pandemia
ancora in corso, fuori da ogni strumentalizzazione, ha restituito
alla Scuola, un ruolo che non è tanto diverso da quello che le era
stato riconosciuto negli anni Settanta e che, progressivamente,
con una legislazione deprecabile, è stato intaccato, aumentando
così i danni della gestione della pandemia stessa.
E’ evidente che la Scuola Statale continua ad essere l’ambiente di
apprendimento privilegiato: tante sono le altre agenzie educative
-associazioni culturali e sportive, organizzazioni religiose; enti
e scuole paritarie o private- ma se cessa l’attività della Scuola
Statale, tutte le altre agenzie perdono il loro riferimento di
standard qualitativo e di coordinamento: è sotto gli occhi di
tutti il disorientamento delle famiglie di fronte alla
frammentazione e settorializzazione dell’offerta formativa
territoriale.
La funzione sociale è anch’essa emersa con le difficoltà in cui
sono state messe le famiglie, soprattutto le donne, nel dover
vigilare, sorvegliare, accudire, sostenere nei processi di
apprendimento a distanza i bambini e i ragazzi. Non solo: sociale
anche perché la scuola è luogo privilegiato di socializzazione,
dunque, le relazioni che si creano in un gruppo classe costruito
su storie condivise di anni non possono essere sostituite da
incontri ai giardinetti o in ritrovi privati.
La funzione di promozione sociale e di inclusione è stata quella
che ha più preoccupato: l’articolo 3 della Costituzione, quello in
cui lo Stato si attribuisce il dovere di rimuovere gli ostacoli
che impediscono l’effettiva realizzazione dell’uguaglianza, ha
trovato impedimenti nella pratica della Didattica a Distanza, per
ovvi problemi concreti di mancanza di strumentazione e di linee ;
per non parlare della solitudine in cui sono stati lasciati i
bambini e le loro famiglie non italofone e i bambini definiti con
Bisogni Educativi Speciali.
Dunque rimane da chiedersi: possono, le dimensioni della socialità
e dell’apprendimento, essere svolte in momenti diversi e in
ambienti diversi? O meglio: che senso ha parlare di socialità che
non implichi un qualche importante elemento formativo? E, d’altra
parte: è possibile sollecitare apprendimenti senza “attraversare”
relazioni reali? Ritengo che la pedagogia teorica e la prassi in
aula ci insegni che ogni apprendimento si realizza in un contesto
relazionale di confronti, conflitti e “contagio emotivo”,dunque
rimango dell’idea che la Didattica a Distanza, normalizzata con la
Didattica Digitale Integrata, costituisca una negazione di quanto
l’esperienza ci ha finora insegnato e sia un grave pericolo per le
conquiste realizzate dal sistema formativo statale fin dagli anni
Settanta, così come è assolutamente incongruo ipotizzare momenti
di “recupero di socialità” fini a se stessi.
Pensare poi di affidare ad agenzie esterne tutto l’aspetto sociale
e relazionale, escludendo la Scuola e i suoi insegnanti, sia un
danno che si riverbererà fortemente sui bambini/ragazzi: la
socialità deve essere il luogo dove gli apprendimenti cognitivi
trovano un momento di espressione e solo dalle situazioni sociali
possono emergere le “situazioni-problema” che danno sostanza
autentica allo studio delle diverse discipline.
E’ necessario che la Scuola Statale e i suoi insegnanti, di
qualsiasi ordine, si riprendano il ruolo di “registi” dei diversi
momenti formativi che i ragazzi attraversano, di coordinatori di
esperienze, di guida alla riflessione.
Per far ciò è necessario ripristinare una condivisione di intenti
tra insegnanti e dirigenze, stipulare patti formativi sostanziali
con le famiglie, tali da avere al centro il progetto di vita del
bambino, imbastire dialoghi con i diversi Enti Locali
nell’intento di un raccordo reale di progetti e non solo di
passaggio di voci di bilancio.
…E bisogna fare in fretta: sotto gli occhi di tutti si sta
profilando un progetto di pericolosa “polarizzazione” : socialità
versus apprendimento; scuola versus agenzie educative altre;
offerta pubblica versus offerta privata; scelte nazionali versus
richieste internazionali; INTERESSI FORMATIVI versus INTERESSI
ECONOMICI.
…SE NON ORA, QUANDO!
Donata Baccelliere