La connessione non isola

Scritto da il 10 Aprile 2021

Lo scorso luglio il presidente del Parlamento Europeo, il giornalista italiano David Sassoli, ha indicato l’accesso a internet come diritto fondamentale e universale. 

Internet, fino ad un anno fa usata come strumento di lavoro elitario – per accorciare le distanze negli affari delle grandi aziende internazionali – o per attività ludiche popolari, a causa delle esigenze sanitarie legate alla trasmissione del virus Covid19, è diventata indispensabile per implementare a distanza le attività che nobilitano la specie umana: lo studio e il lavoro. 

Per la maggior parte dei settori economici e dei lavori che gli stessi implicano, il web e l’associazione tra la modalità in presenza e il lavoro da casa, sono ormai consolidati. E ciò esige un urgente aggiornamento della normativa che regola le condizioni lavorative.

Ogni giorno si spera di poter tornare alla vita anteriore al covid19, ma, fatta eccezione per la doverosa campagna vaccinale, si “naviga” a vista. Invece dovremmo cominciare a immaginare nuovi equilibri nell’organizzazione della vita sociale, affettiva, culturale ed economica, in cui il web sia sdoganato e ufficialmente utile. Bisogna prevenire e gestire il cambiamento. Programmare il presente in sicurezza su tempi medi, dandoci la possibilità di incrementare, per esempio, i luoghi all’aperto in cui svolgere attività di vario tipo più o meno quotidiane.

La scuola, oltre alla funzione educativa, per ciascuno di noi ha, in una delle fasi più complicate del ciclo della vita umana – l’adolescenza e la post adolescenza – un ruolo irrinunciabile di sperimentazione della socialità che questo anno e mezzo di e-school ha ridotto ad un pericoloso surrogato… è quindi urgente creare i presupposti per integrare la modalità a distanza, con curricolari attività sul territorio, almeno settimanali, in presenza e in gruppo – lontano dagli spazi angusti che contengono gli obsoleti banchi – come visite guidate e laboratori a contatto con la natura, meglio ancora se in luoghi che rappresentano aspetti storici e identitari della nostra Cultura.

Siamo tutti stanchi e provati dal prolungato periodo di restrizione delle libertà personali e sociali, in fervente attesa di tornare alla libertà di movimento. Per ottenere questo risultato, in tempi compatibili con una collettività in discreto stato di salute mentale e fisica, dovrebbe verificarsi un veloce e drastico calo degli indici di contagio e di mortalità. Basta all’uopo la campagna vaccinale, o bisogna lavorare per formare il senso di responsabilità dei singoli? Si potrebbe pensare, adesso, di divulgare la conoscenza dei “comportamenti” del virus, diffondendo capillarmente vademecum e informazioni su come convivere con esso evitando il contagio, e tornare così ad una vita fisica completa, per quanto modificata nei ritmi e nella comunicazione affettiva? Se cominciassimo a ragionare in questo senso, i controlli diffusi dovrebbero avere intento educativo e la sanzione dovrebbe essere solo l’ultima ratio di un’interazione tra cittadini e forze dell’ordine finalizzata alla formazione.

Invece chi ci governa o amministra risolve tutto con le multe, le chiusure e la cristallizzazione della vita sociale. I ritardi pregressi, nella formazione della Comunità democratica, partecipe e responsabile, e nell’organizzazione dei servizi, restano lì immutati se non gravemente peggiorati. Ancora: fino al giorno precedente l’individuazione dei primi contagiati a Codogno e a Vo’ Euganeo, l’Italia, finalmente consapevole del danno provocato all’ambiente che nutre l’Uomo e tutte le forme di vita con cui convive, era determinata nell’intraprendere la strada del plastic free. Dal giorno successivo, la stessa Italia, da un lato scopriva la potenza rigenerante di un provvedimento drastico come il lock down, dall’altro, con l’indiscriminata introduzione quotidiana di guanti di gomma e mascherine chirurgiche, determinava la diffusa precipitazione della coscienza ecologica e il conseguente dilagare di comportamenti incompatibili con qualsiasi minima competenza di sostenibilità ambientale. Stiamo inquinando le risorse naturali con una quantità di plastica che è l’assoluta antitesi dell’azzeramento a cui fino a un anno fa aspiravamo, che presto graverà irrimediabilmente sulla salubrità del cibo di cui ci nutriamo.

Abbiamo un nuovo Governo che ufficialmente dichiara con l’istituzione dei Ministeri per la “Transizione Ecologica” e alle “Infrastrutture e Mobilità Sostenibili” l’adesione agli obiettivi dell’Agenda 2030, ma nei fatti ha messo in secondo piano la costruzione di un’economia circolare, unica soluzione che, se realizzata in tempi brevi, potrebbe evitarci di essere travolti dai nostri stessi rifiuti e di impoverire la Terra delle energie fossili.

Insomma la china intrapresa è illogica e in contrasto con l’anelito all’Infinito della specie Umana e in generale della Vita.

Per essere in questo senso efficaci, dobbiamo operare dei cambiamenti radicali nel nostro stile di vita e nel nostro modello economico, velocemente e a livello globale… altrimenti avremo gettato alle ortiche due anni di vita sacrificata – che sta costando, ad ognuno in percentuale, la regressione dalla propria posizione socio economica e sta generando un incolmabile divario dello stato sociale, paragonabile a quello di un dopoguerra – anziché scoprire che la Felicità è un ritorno alla Natura, in cui accontentarsi di un pezzo di terra o di una rete da pesca in un’isola del Mediterraneo… servita da un’ottima connessione internet.

Olimpia de Simone

Foto di Sergey Semenov da Pixabay 


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