QUALE LEADERSHIP PER UNA COMUNITA’ EDUCANTE
Scritto da Elena Spinelli il 3 Aprile 2021
Siamo ormai lontani dal giorno in cui si entrava nelle nostre scuole per chiedere di parlare con il direttore didattico nella scuola primaria e con il preside della scuola secondaria di primo e di secondo grado. Eravamo soliti interloquire e dialogare con una figura che, è vero, si discostava dal ruolo docente dal quale egli proveniva, ma che nel contempo non se ne percepivano sostanziali differenze sugli specifici ruoli, in quanto l’immagine, da lui rispecchiata, era di chi dovesse dirigere intere comunità educanti, privilegiando soprattutto aspetti educativi, formativi e didattici.
Il capo d’istituto ricopriva un ruolo in concomitanza agli aspetti rivoluzionari del contesto storico e socio- culturale del momento, un ruolo suscettibile di non poche varianti identificative e caratterizzanti un’immagine che sintetizza le specifiche funzioni che, in base alla società costituita in un determinato periodo storico, questa stessa figura ne rispecchiava le relative impronte di natura politica e sociale.
Immaginiamo di calarci nell’età liberale fino a quella fascista, ebbene ritroviamo una prima figura di direttore didattico burocrate , vale a dire di colui che controlla la condotta degli insegnanti e degli alunni e che quindi rappresentava quella scala gerarchica che partiva dal ministro dell’istruzione fino ad arrivare ai suoi alunni e l’età fascista evidenzia questo sistema burocratico, classista e selettivo della scuola. Ripercorrendo un tempo passato, giungiamo nel 1974 con i decreti delegati e con il bisogno di trasformare la scuola secondo le nuove esigenze di apertura e di democrazia, pertanto il direttore didattico si trasforma in leader educativo con marcate competenze pedagogiche, quindi si esce da un sistema più autoritario, dando più valore ai principi di uguaglianza, secondo il nuovo contesto socio-culturale e conseguentemente gli insegnanti diventeranno collaboratori del dirigente, avvertendo la scuola come luogo educativo e pedagogico.
Attraversando per il nostro mare storico, approdiamo dunque nell’autonomia scolastica del 1999 art. 5 D.P.R. n. 275/ 99 il tradizionale direttore diventa menager , perché ben incarna quei principi dettati dal nuovo DPR che sottolinea il criterio di flessibilità organizzativa e didattica, offrendo meno spazio alla sfera relazionale e quasi, assistendo a un ritorno alle antiche ideologie liberali, ossia ad un dirigente burocrate e gerarchico. Infine si giunge in questo nostro contesto attuale per parlare dell’ultima trasformazione del ruolo dirigenziale che diventa, invece, il dirigente riflessivo e consapevole che impersona la seguente normativa: “Articolo 25 del D. Lgs 165/2001. Dirigenti delle istituzioni scolastiche. (Art. 25-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 59 del 1998; Art. 25-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 59 del 1998) 1. Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.”L’attuale dirigente riflessivo e consapevole che ben riflette, in negativo, la riduzione di quelli che sono gli investimenti nel mondo dell’istruzione e della formazione.
La nuova figura dirigenziale è conforme alla normativa, ma nello stesso tempo incalza un mutamento socio-cuturale che va dalle sovrastrutture allo stravolgimento dei ruoli, a partire da quello dei docenti che ben riflettono una serie di conflitti e problematiche di natura sociale che lo stesso nuovo dirigente riflessivo deve affrontare. Lo stesso è fortemente preso da adempimenti organizzativi e gestionali, piuttosto che dall’instaurare relazioni educative. Ne consegue un’attuale figura dirigenziale che rispecchia una crisi sociale e valoriale difficile da combattere e una figura che assolve compiti che vanno oltre quelle fondamentali competenze specifiche richieste a un dirigente scolastico e che abbracciano l’ambito didattico e relazionale.
Infine è palese richiedere una figura dirigenziale che sia il cardine di un’istituzione, ma che non sia soprattutto colui che ricerchi all’esterno risorse finalizzate al buon funzionamento della scuola, ma che possa essere quel famigerato leader educativo, tale da poter valorizzare le più importanti risorse arricchenti della scuola, ossia i docenti, esaltando abilità che non siano soltanto connesse alla gestione della scuola, ma che siano connesse all’empatia, alle relazioni, al saper ascoltare i lavoratori della scuola, per consentire loro di valorizzare e riconoscere al meglio il proprio ruolo sociale e professionale.