Scuola come società educante
Scritto da redazione il 26 Marzo 2021
Scuola come società educante è stato a lungo un pensiero ed un ideale che, in una lunga itineranza, ho perseguito come obiettivo, in varie realtà della provincia, frequentemente nella scuola secondaria di primo grado ed episodicamente in quella secondaria di secondo grado. Ideale, dicevo, e talvolta aspettativa delusa, promessa rinviata, bilancio non sempre in pari, perché nella scuola spesso si riceve di più rispetto a ciò che si dà e l’orizzonte dei saperi e delle conoscenze si mescola ai tanti volti che, anche a distanza di anni, si illuminano in un sorriso e mi raccontano di sé, di quegli adolescenti, ora studenti prossimi alla laurea o impegnati nel lavoro, donne giovanissime e già madri, volti multiformi dei miei alunni di ieri, lasciati in fretta perché in cerca di nuova e più stabile sede. Poi è arrivata Lecce, la mia amata Lecce, a lungo inseguita, ma dove non tutto è stato come immaginavo e speravo, ma forse è servito a continuare la ricerca di una scuola che ritengo “altra” e “diversa”, non per la tipologia dei suoi insegnamenti, né per l’eterogeneità della sua composizione, ma in quel valore aggiunto di umanità e di schiettezza, di solidarietà e capacità prossimale che fanno sentire a casa, desiderosi e ad un tempo bisognosi di condividere.
Sono da due anni nel “Quinto Ennio” di Lecce, una scuola antica come dice il suo edificio, incastonato nel cuore della città, che ha accolto generazioni di alunni dagli anni ’60 del secolo scorso e coniuga l’impronta del suo passato custodito in teche e in mobili di un tempo, con una contemporaneità attiva e dinamica che ha fatto propri tutti gli strumenti dell’innovazione, ma ha saputo farne veicolo di contenuti e valori, capacità umane e vocazione alla comprensione e all’ascolto, spesso oggi trascurati o sottaciuti.
La scuola ha un forte legame con il territorio, si impegna nella promozione di una cultura a tutto tondo, promuove la partecipazione a pubbliche manifestazioni per valorizzare la lettura, collabora con le librerie per l’acquisto e la donazione dei libri in occasione delle “Giornate della lettura”, segue il percorso in ingresso dei propri alunni e collabora attivamente con tutti gli istituti superiori della città e non, per la scelta scolastica dei propri alunni in uscita.
Inoltre, fino allo scorso anno il progetto “Cineforum” ha rappresentato un momento significativo di relazione fra i ragazzi, scandito da incontri presso i Cinema del capoluogo, in cui con cadenza bimestrale la scuola ha partecipato con tutte le sue classi alla proiezione di film che, per riconoscimenti internazionali, premi ricevuti, argomenti affrontati, rispondessero alle aspettative del giovane pubblico, diventando poi occasione di riflessione e di dibattito guidato da esperti del settore e, successivamente, da un lavoro di approfondimento scolastico che, attraverso il filo rosso della cinematografia, ha toccato le tematiche dell’integrazione, della guerra, delle emozioni, delle relazioni tra pari; solo per citarne alcune.
Quest’anno, alla luce dell’emergenza Covid, il progetto ha dovuto, di necessità, chiudersi almeno nella forma, nelle mura scolastiche, ma non per questo si è rinunciato ad imprimergli ugualmente vigore ed a condividerlo con tutte le modalità proprie della didattica mista o a distanza. Come tutti, stiamo vivendo la difficile fase della separazione fisica, di chiusura che hanno fatto seguito ad un lavoro costante ed indefesso di tutta la comunità scolastica per consentire il più a lungo possibile la presenza in classe in sicurezza. Anche ora, nelle restrizioni proprie della zona rossa, continuiamo ad alimentare i contatti tra i docenti, alunni e famiglie in modo costante ed attivo, spesso senza considerare i tempi propri dell’orario di servizio, ma assecondano piuttosto le esigenze, talvolta pressanti, dettate dalle emozioni e i dai sentimenti.
Si è cercato di far fronte in vari modi alle criticità di quest’anno, all’isolamento, alla tristezza spesso inespressa dai nostri ragazzi, offrendo loro uno sportello di ascolto, ma più spesso fermando i tempi di una didattica che potesse apparire rigida per ascoltare i problemi, le necessità emergenti, l’impossibilità di scambiarsi almeno uno sguardo in caso di segnale debole o di comunicazione interrotta.
Sicuramente c’è e ci sarà molto da fare nel pensare al dopo, ad una ricostruzione più che dei tempi e delle necessità proprie della didattica, alle modalità di ritrovarsi, consapevoli del fatto che sarà necessario filtrare nella sensibilità dei ragazzi, colmare le attese, rispondere alle situazioni irrisolte dei nostri alunni, prima ancora di pensare ai loro apprendimenti. In questa sfida comune saremo chiamati e speriamo di essere all’altezza di “fare scuola”, di “educare” nel senso etimologico del termine, nella capacità, cioè, di tirar fuori e far crescere la parte migliore di ciascuno di loro, unitamente alla certezza di trovare nei propri docenti un riferimento saldo ed una guida sicura.
Maura Melissano