IL DOCENTE INCLUSIVO: UNA FIGURA PROFESSIONALE IN EVOLUZIONE

L’integrazione e inclusione delle persone con “Bisogni Educativi Speciali” nella scuola e nella società costituisce la punta più avanzata di un processo culturale susseguito alla maturazione dell’immaginario sulla disabilità e culminato nella presa d’atto della dignità umana e dei diritti dei disabili ad avere pari opportunità. Tale processo, i cui prodromi sono rintracciabili in azioni normative e istituzionali a livello internazionale, si presenta in continua evoluzione e avviato attualmente verso molteplici e sempre più aperte soluzioni. L’inclusione scolastica implica la ridefinizione del concetto di formazione di tutti i docenti per riconoscere adeguatamente i bisogni delle nuove emergenze educative, speciali e non. Ciò richiede la puntuale riorganizzazione dei saperi, delle conoscenze e competenze che costituiscono il bagaglio professionale degli operatori scolastici, adottando una pluralità di approcci conoscitivi per rendere più funzionali gli interventi educativi. La “scuola inclusiva”, prevedendo la rivoluzionaria strutturazione dell’assetto istituzionale, lancia una sfida al tradizionale ruolo del docente specializzato. L’attuale dibattito scientifico conduce all’evoluzione dell’identikit professionale dell’insegnante di sostegno giunto a un bivio caratterizzato da soluzioni antitetiche, problematiche, in progress. Una riflessione su quella che possiamo senza dubbio definire “arte dell’insegnare” , porterebbe a chiedersi quale possa essere la reale funzione della scuola e il compito dei docenti in un quadro sociale generale. L’insegnante è ancora una “ figura di valore” nell’immaginario collettivo, perché di grande valore è la funzione che svolge quotidianamente in classe? Riesce tuttora ad essere per gli allievi quella efficace alternativa al mondo confuso nel quale spesso ci ritroviamo, che deve riuscire a trasmettere, indubbiamente insieme alla famiglia, i valori del rispetto per se stessi e per gli altri, dell’impegno in classe e nello studio? Tutti interrogativi, questi, più che legittimi. La figura del docente che definiremo “inclusivo” deve far proprio il concetto di classe come di “ ambiente di apprendimento integrato” , organizzandolo a più livelli: fisico, virtuale, didattico. Sono questi gli aspetti interagenti e sinergici, non di una dimensione “uno a uno”, ma di un modello reticolare “molti a molti”. L’insegnante che vuol essere inclusivo deve necessariamente fondare il proprio metodo secondo una prospettiva cooperativa e metacognitiva, che fonda la gestione della classe sull’aiuto reciproco e sulla interdipendenza positiva, che porta a pensare il gruppo come una squadra; sull’esercizio delle abilità sociali; sull’utilizzo del problem-solving; sulla mediazione didattica; sullo sviluppo del pensiero creativo; sulla promozione di contratti formativi; sulla responsabilità individuale. L’apprendimento si realizza così in un contesto collaborativo e sociale. Il processo di acquisizione delle competenze deve alternare momenti del riflettere con momenti del fare . La competenza si costruisce anche attraverso la consapevolezza del proprio stile cognitivo. Tutto ciò porta efficacemente e positivamente ad uno sviluppo dell’autostima dell’alunno, ponendo come punto di partenza la consapevolezza, da parte del docente, che occorre sempre mettersi in discussione, al fine di migliorare significativamente e costantemente le proprie competenze. “Se insegni, insegna a dubitare di ciò che insegni”, faceva osservare Ortega y Gasset, teorico della società di massa. Questo per non crogiolarsi mai nell’assioma che il conseguimento di una competenza sia un punto di arrivo. Tutt’altro, esso diviene un punto di partenza per il raggiungimento di sempre più alti traguardi di conoscenza, che bisogna imparare a trasmettere nella maniera più opportuna e nella giusta misura, che serva da stimolo, quest’ultima, per acuire l’innata curiosità dell’alunno verso la scoperta del sé e di tutto quanto si trovi a ruotare attorno al sé.

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