Mignonnes, donne ai primi passi

Scritto da il 19 Novembre 2020

Le mie figlie, appassionate di cinema, hanno recentemente visto il film francese Mignonnes (2020), diretto da Maimouna Doucouré e premiato al settantesimo Sundance festival. Anita e Olimpia, due piccole donne affamate di storie, amano soprattutto i film ambientati nel presente, dove la felicità non è una chimera ma una possibilità da realizzare. Non credono al lieto fine e, per entrambe, la principessa si salva sempre da sola.

Attente al mondo che le circonda non si fidano delle prime notizie che trovano in rete ma rivendicano con orgoglio la libertà di pensiero e soprattutto il loro diritto alla dissidenza. E poiché hanno trovato Mignonnes, donne ai primi passi, un film intelligente e poetico, sono rimaste sbigottite davanti alle critiche feroci che gridano allo scandalo. Pertanto, con l’aiuto della rete (segno che internet e i social non sono poi così dannosi se usati con criterio) hanno raccolto informazioni su un giudizio così pesante da scatenare una vera e propria campagna mediatica contro Netflix. Con “Cancel Netflix” si è avviato, infatti, negli Stati Uniti un movimento di protesta contro la piattaforma, accusata di assecondare la pedopornografia. Ma Mignonnes, in realtà, è un film splendido, nato per un pubblico giovane e ben consapevole delle situazioni rappresentate.

Si affrontano diversi temi come la difficoltà di crescere, il bullismo, il senso di esclusione dal gruppo, il sentirsi invisibile agli occhi degli adulti, il rapporto con i genitori e il bisogno di emulazione tipico di chi ancora stenta a trovare una sua dimensione. La storia non è nuova: il gruppo dei pari e la danza potrebbero diventare consolazione e riscatto da una periferia difficile. Amy, una bambina senegalese, a Parigi vive con la madre e due fratelli più piccoli sotto il controllo di una anziana zia. La madre, in attesa del ritorno del padre dal paese di origine con la seconda moglie, non nasconde il suo dolore e Amy, cresciuta in un ambiente dove domina una cultura tradizionalista e patriarcale, ben presto diventa refrattaria alle regole domestiche. Stringe amicizia con Angelica e le altre Mignonnes, una squadra di twerking, che si sta allenando per partecipare a una gara. Anche Amy entra nel gruppo e, a poco a poco, il brutto anatroccolo si trasforma in cigno: passa, cioè, dall’infanzia a una preadolescenza confusa, pasticciata dove tutto è amplificato anche dallo scontro tra culture diverse.

Il mondo di Amy è fatto di abiti tradizionali, velo e donne che festeggiano secondo le usanze un matrimonio imposto e quello di Angelica e delle altre, apparentemente colorato e vivace ma altrettanto complesso. E, come qualsiasi bambina della sua età, vive una dicotomia tra il desiderio di diventare presto grande e quello di non lasciare la zona comfort dell’infanzia. Così, assolutamente ignara di cosa sia conveniente e cosa no, si muove sgraziata in una periferia parigina, tra una piccola casa affollata di donne e bambini, la scuola e la strada. Poiché le protagoniste sono solo ragazzine spavalde e non hanno il senso della misura, si presentano alla gara con una coreografia che sconcerta la giuria.

Il twerking, infatti, è una danza con movenze fortemente erotizzate, dove si scuotono le natiche velocemente per creare una vibrazione. Ogni mossa è un’allusione sessuale. La regista ha volutamente creato una disarmonia tra l’età acerba delle protagoniste e questa coreografia assolutamente inadeguata. A causa degli abiti succinti indossati dalle ragazzine e le inquadrature troppo ravvicinate di alcune parti anatomiche, il film è stato definito osceno e a nulla sono valsi i pareri autorevoli​ di grandi attrici in difesa del lavoro della Doucouré. Eppure basta farsi un giro su Tik Tok per rendersi immediatamente conto di quanto sia diffuso il twerking anche tra giovanissime e quanto l’infanzia sia sempre più breve.

Maimouna Doucouré, non a caso, ha scelto di girare le scene di danza delle Mignonnes come fosse un videoclip di Miley Cyrus. Le sequenze, sfacciate, al limite del grottesco, non hanno nulla di pornografico. Sono solo tristi. E giustamente quando Amy, durante la gara, scoppia in lacrime sul palco, torna a essere solo una bambina sperduta. La regista, bersaglio di polemiche ingiuste e accuse infondate, in realtà ha avuto il coraggio di mostrare i danni di un’infanzia negata in nome dei social e del business. Perché non è quel tipo di danza a essere messo in discussione ma il suo cattivo utilizzo se l’unico scopo è quello di divulgare un’immagine femminile ridotta a un paio di natiche esposte e a un costume succinto.

di grandi attrici in difesa del lavoro della Doucouré. Eppure basta farsi un giro su Tik Tok per rendersi immediatamente conto di quanto sia diffuso il twerking anche tra giovanissime e quanto l’infanzia sia sempre più breve. Maimouna Doucouré, non a caso, ha scelto di girare le scene di danza delle Mignonnes come fosse un videoclip di Miley Cyrus. Le sequenze, sfacciate, al limite del grottesco, non hanno nulla di pornografico. Sono solo tristi. E giustamente quando Amy, durante la gara, scoppia in lacrime sul palco, torna a essere solo una bambina sperduta. La regista, bersaglio di polemiche ingiuste e accuse infondate, in realtà ha avuto il coraggio di mostrare i danni di un’infanzia negata in nome dei social e del business. Perché non è quel tipo di danza a essere messo in discussione ma il suo cattivo utilizzo se l’unico scopo è quello di divulgare un’immagine femminile ridotta a un paio di natiche esposte e a un costume succinto.

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