IL FILOSOFO COL LECCALECCA

Scritto da il 19 Novembre 2020

Il Regno Unito ha lanciato il P4C e l’Italia ne è stata contagiata!

Detta così questa notizia alza i livelli dell’ansia, accelera i battiti del cuore e spinge sull’orlo della crisi di nervi.  “NIENTE PAURA”  il P4C non è un missile a lunga gittata né il nome in codice di un virus letale, si tratta invece della sigla di un protocollo internazionale potenzialmente capace di schiudere orizzonti pedagogico-formativi ancora inesplorati.  

P4C, infatti, sta per Philosophy For Children un progetto che mira ad avvicinare i bambini alla filosofia seguendo standard didattici internazionali condivisi. Meno male, scampato pericolo … ora possiamo tirare un sospiro di sollievo !  Eppure, prontamente riavutasi dal breve schianto, la nostra mente è assalita da un altro atroce dilemma: P4C? Ovvero piccoli “peripatetici” alla scuola di Socrate Platone e Kant? Perplessi ci chiediamo, ma davvero si sta studiando il modo di avvicinare alla FILOSOFIA,   dico F. i. l. o. s. o. f. i. a , bambini che arrancano ancora con la lettura e muovono i primi passi sul suolo marziano del lessico e della sintassi? Cos’è uno scherzo? Come si può anche solo ipotizzare che cuccioli d’uomo siano capaci di approcciare ad una disciplina tanto vasta, profonda e “ADULTA” ?  

E perché no? Già nell’Ottocento proprio un filosofo, Jules Lequier, aveva sostenuto che il bambino è adattissimo per affrontare la  metafisica, perché dai bambini ci si può attendere che pongano domande sorprendenti, semplici e profonde, e abbiano la giusta pazienza per ascoltare le risposte. In tempi più recenti, poi, Jerome Bruner ha confermato che” si può insegnare qualunque cosa in forma onesta a chiunque in qualsiasi età proprio perché tutte le idee possono essere tradotte in modo corretto e utile nelle forme di pensiero proprie del fanciullo- perfino- in età prescolastica”( tratto dalla relazione che Jerome Bruner tenne nel settembre del 1959 alla Conferenza di Woods Hole nel Massachusetts, da lui presieduta per incarico governativo, un Convegno di 35 scienziati tra psicologi, biologi, fisici, matematici, pedagogisti e linguisti, incaricati di elaborare nuovi programmi dell’area scientifica per le scuole americane) Centrale, dunque, il ruolo del docente, ma come dev’essere il “maestro-filosofo”? A quale modello dovrebbe guardare per riuscire nel suo compito?

Secondo il progetto non deve essere un professionista della filosofia e  nemmeno un redivivo Socrate quanto piuttosto un facilitatore che nulla deve trasmettere, ma solo aiutare a ragionare. Pare facile, verrebbe da dire! Ragazzini che hanno cominciato appena a  scrivere si ritrovano, magicamente, alle prese con i grandi interrogativi della vita ! Ma è proprio qui che  entra in gioco l’educatore  che deve creare un ambiente aperto al dibattito e al confronto tra le idee esposte dagli stessi alunni, per incoraggiare il confronto dialettico con gli altri, per consentire la libertà di espressione di tutti e di ciascuno. Insomma una adulto capace di sfidare il pensiero in erba con domande ardite : – Come si nasce? Cosa vuol dire morire? Cos’è la giustizia? –  e così facendo avviare i fanciulli a pensare con la propria testa. A ben vedere, di questi tempi, nulla sembra più rivoluzionario.  La pratica filosofica  elevata a maestra di vita? Proprio così e la sfida, partita dal Regno Unito,  si sta diffondendo un po’ ovunque. Anche in alcune scuole d’Italia è arrivata, non senza perplessità e con più di qualche sospetto, l’ora di filosofia per i bambini. Interessante è la posizione dell’Anpe (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani) che si dice convinta della validità e praticabilità del progetto.

Secondo molti pedagogisti italiani, infatti, se vengono poste a un bambino domande anche  difficili lui mostra di avere sempre una spiegazione semplice, coerente, serena. Al contrario degli adulti che tentano di dare risposte facendo leva su ricerche e teorie,i bambini sono animati dalla curiosità, non per nulla rompono i giocattoli desiderosi di scoprirne gli ingranaggi più reconditi. La loro motivazione a conoscere è altissima. Per dare conforto scientifico a queste intuizioni pedagogiche i ricercatori della Durham University nel Regno Unito hanno avviato dei veri e propri studi sull’importanza di insegnare la filosofia ai bambini arrivando a scoprire che l’ esercizio logico critico può aiutare i fanciulli a migliorare sia le abilità matematiche sia le abilità linguistiche. La ricerca ha evidenziato risultati sorprendenti: tra i  bambini di 48 scuole elementari britanniche che hanno partecipato allo studio si è registrato che i giovanissimi studenti, e spesso proprio quelli che provengono da contesti sociali difficili, traggono giovamento dagli insegnamenti logico-critici, probabilmente perché si sentono supportati e liberi di esprimersi. Pare proprio che ”filosofare” li abbia aiutati ad interagire con gli altri, ad ascoltare gli altri, ad accettare di confrontarsi con le loro opinioni e perfino a concludere in modo pacifico uno scontro o una lite.

Una grande utopia?  Non proprio visto che  la Education Endowment Foundation (Ente di beneficenza indipendente istituito nel 2011 per migliorare il livello di istruzione degli alunni più poveri delle scuole Inglesi) di recente ha scommesso su questa nuova frontiera accettando di finanziare con 1 milione di sterline un progetto di insegnamento di filosofia alle elementari che riguarda 9 mila allievi in 200 scuole. Certo restano da sgretolare ancora alcuni preconcetti consolidati, a cominciare da quello che considera la filosofia una materia specialistica per addetti ai lavori.  Però una confutazione scientifica delle difese di casta a sostegno di una” filosofia vietata ai minori” l’aveva già data tra gli anni 60 e 70  Matthew Lipman, il padre della philosophy for children .Professore di logica, mise a punto un metodo di insegnamento finalizzato a fare imparare ai bambini le regole del ragionamento. Per Lipman  cuore della philosophy with children è che« nella pratica i bambini non imparano qualcosa sulla filosofia, ma fanno filosofia».

Resta tuttavia il problema reale di come  realizzare concretamente questa rivoluzione e potenziare il pensiero critico in fanciulli sempre più presi in un mondo dominato, dalle macchine, dalla tecnologia e dalla massificazione dei comportamenti? I maestri filosofi che da pionieri hanno attivato nelle loro cassi il P4C suggeriscono  di iniziare suscitando la curiosità dei bambini proprio sul pensiero, e le sue diramazioni anche nella vita pratica, le sue caratteristiche, le sue potenzialità, il suo buon uso. Attraverso una serie di lezioni dialogate, meglio ancora, drammatizzate, si consiglia di porgere ai bambini  una serie di contenuti verificabili come l’amicizia, il senso del dovere e del rispetto, l’uso corretto della tecnologia, affrontati in maniera immediatamente “empatica” e mai dottrinale, per spingere con dolcezza le “giovani menti”,  a una riflessione verso gli altri e se stessi.  Potrebbe perfino essere divertente elaborare una filosofia di classe, che poggi su domande pratiche, ma essenziali: perché bisogna salutare la maestra e i compagni la mattina, quando si arriva in classe, come mai ci sono i cestini del riciclo? Quale filosofia è sottointesa al raccogliere da una parte la plastica, dall’altra la carta e il vetro? Che cosa vuol dire  un “no”, e che cosa  si porta dietro? Che cos’è il tempo e che peso ha nella vita di ognuno.

E poi domande scomode, ma vitali, quelle sulle  paure, così presenti nel mondo infantile: perché esistono, come affrontarle e vincerle oppure padroneggiarle e dare ad esse il giusto peso? Magnifico oggetto di un mini corso di Filosofia per bambini!  Una sorta di filosofia perenne, trasversale, dialogata, sotto la forma di gioco ed empatica,  che dimostri le infinite attrattive del mondo interiore. Certo ci vuole coraggio per fare questo passo, ma soprattutto occorre passione per suscitare nella mente e nel cuore di “mini allievi” <<LE DOMANDE>>,  vero fondamento di qualunque svolta culturale.

Foto di cottonbro da Pexels


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