Scuole aperte o chiuse: questo è il dilemma.

Scritto da il 8 Novembre 2020

Da otto mesi a questa parte, il ritmo delle nostre giornate sembra essere scandito da un nuovo DPCM.

L’ultimo, quello del 3 novembre 2020, ha colorato il nostro stivale di rosso, arancio e verde; a ciascun colore, corrisponde un certo indice di rischio contagio di Sars Cov-2 e, quindi, norme più o meno restrittive per la migliore gestione del territorio. Per le scuole si procederà così:

  • se la propria Regione è «zona rossa», dunque con rischio di contagio elevatissimo, si prescrive:

– didattica a distanza per le scuole superiori e per le classi seconda e terza media;

– didattica in presenza per le scuole elementari, per la classe prima media e per i servizi all’infanzia, con uso obbligatorio delle mascherine (salvo che per i bimbi al di sotto dei 6 anni).

– I corsi di formazione pubblici e privati potranno svolgersi solo con modalità a distanza.

  • se la propria Regione non è «zona rossa», la disciplina prevede questo:

– didattica a distanza al 100% per le scuole superiori

– didattica in presenza per le scuole elementari e medie e per i servizi all’infanzia, con uso obbligatorio delle mascherine (salvo che per i bimbi al di sotto dei 6 anni).

Io vivo e lavoro in Regione Campania dove, il governatore De Luca, con tenacia e convinzione, a seguito di un’impennata dei contagi che si è registrata a partire dalla seconda metà di settembre, ha ordinato la sospensione di tutte le attività didattiche in presenza a partire dal 16 ottobre e, con successivi provvedimenti, ha prorogato la chiusura fino al prossimo 14 novembre.

Questo, ha scatenato un acceso dibattito tra i sostenitori dell’ordinanza e i contrari. Ovviamente, come sempre accade in tali circostanze, ritengo che la verità stia nel mezzo, nella misura in cui non si possono negare i notevoli disagi per le famiglie, di dover gestire figli piccoli e lavoro (nella migliore delle ipotesi), né, tantomeno, consentire la libera circolazione del virus all’interno delle scuole, con conseguente aggravamento della pandemia  che, ad oggi, già risulta di difficile gestione da parte del sistema sanitario nazionale.  Come si può immaginare, non sono mancate proteste anche accese, di genitori contrariati (per usare un eufemismo) che reclamano l’apertura delle scuole, protestando sotto gli uffici regionali, così come c’è chi invoca la tutela della salute innanzitutto e, dunque, la proroga della temporanea sospensione della attività didattiche in presenza, attraverso petizioni. Come negare che il ritorno degli studenti a scuola costituisca un pericolo per l’intera popolazione, stando ai dati dei contagi delle ultime ore? Come si può credere che i bambini possano sopportare la mascherina per almeno cinque ore continuativamente in classe e restare, per giunta, immobili tra i banchi?  Suvvia, scenario davvero utopistico. Durante quei pochi giorni di didattica in presenza, ne abbiamo visto di ogni colore (è il caso di dirlo!): mascherine sotto al naso costantemente, scambi di merendine anche smangiucchiate, file ai bagni per niente rispettose della distanza di sicurezza, scambi strategici di posti. Insomma, cose normali per ragazzi naturalmente impavidi e pieni di forze. A nulla sono valsi i richiami degli insegnanti che, in queste condizioni , si sono ritrovati ed essere poco meno che Generali delle forze armate, nel vano tentativo di mantenere ordine e disciplina COVID. Si, però vuoi mettere? I ragazzi si sono ritrovati, i docenti li hanno potuti guardare negli occhi… ed io aggiungo anche fino ai denti!

Insomma, se accettiamo che questa è la realtà all’interno delle scuole, tutte, anche quelle frequentate dai bimbi che hanno assunto latte al plutonio (cit. De Luca), allora si, rientriamo e prendiamoci questa responsabilità, perché sempre meglio che fare i conti con i danni psicologici, emotivi e finanziari di bambini e famiglie, senza alcun sarcasmo e con il sincero e massimo rispetto. Dunque, a questo punto, mi domando: ci sarebbe quantomeno un compromesso? Forse.

Stato e cittadini dovrebbero unirsi e combattere insieme, con grande serietà e senso di responsabilità.

Purtroppo in questi mesi ma, ancor più in questi giorni, stiamo imparando sulla nostra pelle che questo virus è davvero subdolo, imprevedibile e terribilmente contagioso e lo si vince davvero solo con un’attenta prevenzione. Più in fretta ne prenderemo coscienza, più in fretta ne usciremo. A fine primavera scorsa, ne abbiamo avuto una riprova.

Lo Stato deve sostenere economicamente e materialmente tutte le famiglie con figli in età scolare a carico, da oggi e fino e quando la curva dei contagi non si assesterà a livelli davvero minimi. Diversamente, si assumerà la responsabilità che oltre l’emergenza sanitaria andrà gestita un’emergenza sociale ed economica ben più grave di quanto non lo sia già adesso, vuole dire che arriveremo ad un punto di non ritorno.

Autorevoli studiosi hanno prodotto, recentemente, rapporti e attente riflessioni sugli effetti della pandemia sui bambini da cui si evince come deprivazioni socioeconomiche inevitabilmente influenzano in negativo lo stato di salute. Si aggravano le cronicità e il malessere nelle situazioni di maggiore vulnerabilità. [1]In particolare, il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), partendo “dall’interesse del minore quale criterio etico-giuridico fondamentale per la valutazione del rapporto benefici-rischi delle misure ipotizzate”, ha preso in considerazione le conseguenze psicologiche e sociali del lockdown[2]. In questa cornice, naturalmente, i temi della chiusura delle scuole, del ricorso alla DAD, sono stati analizzati sotto il profilo sociale e psicologico, a partire da dati scientifici che, in questi mesi, sono stati raccolti da esperti del settore, ma non solo. Molto interessanti sono gli spunti di riflessione che il CNB offre per cercare di fornire una bussola ai decisori. Cito dal testo: (…) Ebbene, tra i vari principi sono individuati prioritariamente la preparedness (tempestiva predisposizione di strategie di azione), la precauzione, la “responsabilità condivisa”, la proporzionalità.

(…) La preparedness consente di passare dalla “inevitabilità” alla “prevedibilità” con la concreta e precoce realizzazione di misure dedicate. Dobbiamo tener conto che nella sanità, come in altri campi, il “dopo” non sarà né potrà essere come il “prima”.

(…) La precauzione, a sua volta, richiede interventi cautelativi nell’anticipazione preventiva del rischio – a fronte della rapidità della trasmissione virale – per evitare o limitare conseguenze negative in attesa di predisporre interventi sistematici.

(…) La responsabilità, poi, è paradigma etico imprescindibile per “garantire ogni diritto con un dovere”.

Responsabilità in capo allo Stato per assicurare le doverose protezioni in ambito economico, sociale e sanitario sulla guida della Carta costituzionale; responsabilità in capo ad ogni cittadino per assicurare partecipazione e attiva collaborazione. Ciò significa che l’impegno è doverosamente in capo ad ognuno, appunto secondo le proprie responsabilità, anche per rendere effettive disposizioni che, in quanto anche restrittive, devono essere predisposte secondo gradualità e proporzionalità tra benefici attesi e rischi previsti, nella congruità con le evidenze epidemiologiche dei relativi indicatori e delle soglie critiche. È un bilanciamento gravoso che comporta decisioni certamente difficili con ripercussioni in una molteplicità di ambiti. In definitiva, una “responsabilità condivisa” che, dal profondo significato etico-sociale, apre alla solidarietà anche in termini costituzionali[3].

Dunque, come non riferirsi a tali principi eticamente e scientificamente comprovati per capire quale strada prendere, per capire che non è tempo di polemiche, di sterili prese di posizioni, ma di responsabilità condivise, per essere in diritto di reclamare certe garanzie?

Gli studi hanno sì rilevato, con il perdurare del lockdown, un incremento del disagio psicologico ed emotivo nei bambini, ma hanno altresì sottolineato le notevoli capacità di resilienza che hanno, tali da consentire un pronto recupero di stabilità emotiva al termine del lockdown.[4] Una considerazione importante è stata fatta circa le ripercussioni dello stato emotivo dei genitori sui figli: il livello di stress di questi ultimi si è rivelato  direttamente proporzionale a quello dei genitori. Dunque, il conseguente disagio economico che moltissime famiglie si sono trovate a dover fronteggiare, ha influito moltissimo sulla serenità dei bambini più fragili ed esposti a questo genere di tensione. In questo scenario, naturalmente, la chiusura delle scuole ha impattato fortemente sulla emotività dei più piccoli. D’altro canto però, il lockdown, ha protetto i bambini, oltre che dal virus, anche dall’esperienza traumatica di dover restare lontani dai propri genitori, in caso di contagio o, peggio, da quella di affrontare la perdita del proprio familiare.

E che dire della DAD (Didattica a Distanza)? Odiata e amata allo stesso tempo, livella impietosa delle diseguaglianze economiche, sociali e culturali ma strumento indispensabile e preziosissimo in situazioni come queste. Chi dimentica quelle immagini del TG che aprivano scenari angoscianti allorquando ragazzini lombardi, trovavano ristoro dai pensieri e dai dolori familiari di quei mesi, facendo “lezione” con i propri insegnanti e i propri compagni attraverso lo schermo del proprio PC che, in quella situazione, era l’unica finestra colorata sul mondo di cui disponevano? Non si può negare che la DAD mai potrà sostituire la didattica in presenza ma, altresi, abbiamo capito che, in certe situazioni, rappresenta il meglio che si possa avere.

Insomma, si potrebbe andare avanti per ore ma, come già detto, rispetto al rapporto rischi-benefici sulla didattica in presenza in questo momento, credo che il principio a cui tutti dovremmo far riferimento, sia quello della Responsabilità Condivisa di cui sopra.

E’ tempo di cautela, di rigore, sobrietà e solidarietà.


[1]  Lucio Romano – Medico chirurgo e docente universitario, Componente Comitato Nazionale per la Bioetica – Gli effetti della pandemia sui bambini non sono secondari – In “quotidianosanità.it“, del 5 novembre 2020

[2] Ivi.

[3] Ivi.

[4] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comitato Nazionale per la Bioetica, COVID-19 E BAMBINI: DALLA NASCITA ALL’ETÀ SCOLARE, pag.10.

Foto di Caleb Oquendo da Pexels


Opinione dei lettori

Commenta

La tua email non sarà pubblica. I campi richiesti sono contrassegnati con *



La Esse Radio

La Esse Radio

Traccia corrente

Titolo

Artista