Relazioni aumentate dalla tecnologia

Scritto da il 13 Ottobre 2020

La scuola inizia, ma questa volta niente è come prima, niente di tutto ciò a cui eravamo abituati è stato ritrovato come prima: aule, banchi, didattica. Tanti mesi di incontri virtuali prima, super protetti da mascherine chirurgiche dopo, sembra abbiano creato vuoti relazionali sempre più ampi, apparentemente incolmabili.

La fisicità sembra essere sparita, il virtuale come luogo di incontro e la mancanza di contatto fisico ci ha obbligati a rimodulare nuove forme comunicative delle emozioni, tutto adesso passa da uno sguardo che diventa l’unico modo per attraversare l’Altro, invitandolo a guardare oltre i gesti del corpo che sfiora, oltre l’abbraccio che avvolge, oltre la stretta di mano con una nuova modalità di “contatto” mediata dal virtuale.

Anche la scuola  è chiamata a ristabilire, secondo queste nuove regole, il rapporto circolare dove al centro c’è l’allievo, il ragazzo, l’adolescente da formare, da educare da rendere uomo e persona nella sua totalità affettiva, emotiva e razionale.

Cosa è successo in questi cinque mesi lo sappiamo tutti. Adesso che siamo in presenza, cosa ne abbiamo ricavato per la nostra vita emotiva, relazionale, cosa e come si rivelerà questo vissuto pregresso ancora lo dobbiamo scoprire. Una cosa è certa: la scuola è stata la prima a subirne le conseguenze con una trasformazione epocale, veloce, se non addirittura violenta per il radicale stravolgimento che tale innovazione ha apportato nel modo di insegnare, interagire, usare strumenti.

Neanche il tempo di porsi la domanda sul come fare a mantenere gli standard didattico-educativi, frutto di anni e anni di ricerca, consolidati grazie al rapporto empatico di una relazione in presenza che adesso dovrà essere sostituita da modalità didattiche e strumenti innovativi dove reale e virtuale si devono fondere per dare vita a una nuova realtà: quella di una relazione educativa circolare mediata dalla tecnologia.

La scuola è sempre stata – per chi la fa e per chi la frequenta – un’agorà educativa, luogo di incontro, luogo in cui la “merce” più cara è sempre stata la trasmissione di saperi e di sapere cuore a cuore, gomito a gomito. E’ sempre stata luogo nella quale la distanza, la separazione, l’incomprensione serviva a dare vita a lunghe (estenuanti, e a volte anche  noiose per gli allievi) lezioni sull’importanza del mantenere vivo il contatto con l’Altro, per coltivare e mantenere relazioni fatte di fisicità e di incontri veri, in presenza.

Poi all’improvviso, nel crescendo delle informazioni dei bollettini sanitari, ecco che la distanza invece diventa la salvezza per la vita da proteggere, preservare, custodire. La relazione empatica, fisica, diventa ben presto una relazione a “distanza”, una relazione “protetta” all’interno di uno spazio fisico (quello di casa) e virtuale (quello della piattaforma) dove la scuola, racchiusa nell’acronimo DAD (Didattica a Distanza), diventa per allievi e docenti, l’unico ponte con un mondo “esterno” ormai deserto.

Una scuola diversa quella della DAD, dai contenuti rimodulati per esigenze di tempo, nelle modalità di trasmissione e degli strumenti utilizzati che però, a discapito del suo presunto immobilismo, le ha permesso di tirare fuori gli artigli e mostrare la forza della sua appassionata e passionale capacità innovativa.

Una scuola che ha inventato, creato, realizzato e costruito – giorno dopo giorno – nuove modalità per mantenere costante il rapporto con gli studenti e tra gli studenti e la scuola, ma anche per dare un volto diverso, pieno, nuovo e persino valoriale alla relazione attraverso il virtuale.

La Didattica a Distanza  ha permesso alla scuola di entrare nella quotidianità di ogni singolo allievo, ma senza invadenza e ha permesso di ristabilire quel “contratto”  scuola-famiglia ormai divenuto fragile. Un piano virtuale, quello della didattica a distanza, che non edulcora, non finge, non nasconde, ma mostra invece uno spazio vero, dove tutti grazie anche alle restrizioni del lockdown sono obbligati a rivedere la consistenza delle relazioni.

Gli spazi fisici delle case si trasformano e non sono più solo luoghi di “transito”, quei luoghi nei quali si dimora e ci si incontra per brevi momenti di condivisione. Impegni, preoccupazioni e lavoro portano via tempo da dedicare all’Altro, tant’è che spesso non si riesce a costruire una vera relazione fatta di scambi e di confidenze, fatta di incontri  e di condivisione spesso limitati a rari momenti nei fine settimana.

Chat, messaggi vocali e le videochiamate mostrano il desiderio e il bisogno di mantenere costante un rapporto di relazione nella quale la fisicità ormai assente viene molto spesso sostituita da immagini e foto per ricordare all’Altro chi sono e cosa rappresento nella sua vita.

Il lockdown ci ha permesso di sperimentare quanto sia difficile convivere e anche come coltivare e arricchire le relazioni, in spazi circoscritti. Ci ha messo di fronte al limite dello spazio fisico della casa all’interno della quale il movimento del corpo simboleggia il movimento dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, della fisicità ma anche di quanto sia complicato mantenere una relazione in spazi definiti, limitati e limitanti.

Chi vive – e “va” a scuola – sa quanto sia importante e quanto sia incidente nella relazione la percezione dello spazio fisico, quello da circoscrivere e quello da definire per ruolo, compiti, situazioni. Chi “va” a scuola sa cosa vuol dire condividere lo spazio definito di un’aula, cercando di mantenere quella autonomia vitale nel rispetto dell’alterità, dell’individualità di tutti i conviventi.

La scuola che è entrata nelle case degli allievi con la DAD  ha ridisegnato anche questo concetto di spazio fisico, collocandolo dentro lo spazio virtuale di una piattaforme digitale.

Definita con l’acronimo DAD, però non è virtuale, ma vera; soprattutto è fatta da insegnanti veri, pronti a fare lezione con la tazza del caffè ancora in mano, senza trucco, senza tacco e senza la preoccupazione di essere fotografati da allievi impertinenti pronti a farne vignette da condividere.

Ma anche una scuola fatta di ragazzi con i capelli dritti appena svegli e forse ancora con il pantalone del pigiama addosso che “…tanto sotto la scrivania non si vede.” E’ una scuola che raggruppa case, momenti di quotidiana vita familiare, fatta di aspirapolvere e di mamme che, noncuranti del fatto che ci sia un’ interrogazione, urlano dalla camera accanto ”…cosa ti cucino a pranzo?”.

I papà sono curiosi di seguire la lezione, convinti di potere finalmente constatare quanto poco si faccia a scuola salvo poi scoprire quanto sia difficile  il lavoro dell’insegnante: che è quello di cercare di motivare, suscitare curiosità, incentivare allo studio senza perdere mai di vista l’obiettivo, trasmettere l’amore per il sapere, la conoscenza ma soprattutto la bellezza!

Virtuale e reale si fondono, si mescolano, si intrecciano e la relazione trova una nuova modalità per rivelarsi. L’Altro si “scopre” nel suo bellissimo mondo fatto di affetti importanti  che è la casa, dove le relazioni sono vere, niente pose, niente spazi ricercati con panorami mozzafiato, niente di niente. O forse sì, forse è molto, molto di più!

La scuola scopre quella che è la relazione aumentata dalla tecnologia, dove il “virtuale” diventa “reale”: vere sono le relazioni, vero il vivere quotidiano, vere le trepidazioni di adolescenti non ancora pronti a questa nuova realtà. Virtuale è solo il mezzo che si usa per trasmetterle.

La scuola però non cambia forma, non si adegua, non usa i “linguaggi”del virtuale, non sostituisce, non si finge di essere altro. La scuola usa solo strumenti diversi e mai sperimentati prima, ma sicuramente ugualmente esplosivi e dirompenti come tutto quello che trasmette.

Niente è più come prima, niente lo sarà più anche nella scuola, chiamata ad interpretare i segni dei tempi e a trasformarli in chiave educativa.

Ciò che si è creato grazie alla didattica a distanza ha permesso di mantenere continuità  nei legami e nelle relazioni tra docenti, allievi e famiglie. Grazie ai nuovi spazi creati dalla tecnologia e al virtuale tutti si sono sentiti  interpellati, chiamati e considerati  a mantenere viva una relazione che aspettava solo di ritornare a vibrare in presenza.

Agata Arena

Foto di Anna Shvets da Pexels


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