Arte del Restauro, tra mestiere e passione
Scritto da redazione il 8 Ottobre 2020
In Italia sono ben 5236 i Musei “certificati” che potrebbero diventare, se gestiti meglio, una risorsa annua di circa 27 miliardi, creando un’opportunità di impiego per oltre 200mila addetti. Una ricerca della Boston Consulting, una delle più conosciute società di consulenza manageriale, ha valutato la “produttività” dei siti statali italiani pari all’1,6% del Prodotto Lordo Nazionale. A maggio il governo ha stanziano 5 miliardi di euro per sostenere il rilancio di turismo e cultura e, sempre con gli stessi intenti, il 26 e 27 settembre ha promosso le Giornate Europee del Patrimonio, che hanno visto protagonisti musei, parchi archeologici e luoghi della cultura supportati, nella programmazione, da laboratori e attività didattiche. L’Italia è paragonabile al Fort Knox dell’arte mondiale, un enorme patrimonio che richiede manutenzione continua e accurata. Da qui la necessità per i siti museali pubblici e privati, di poter disporre di professionisti in grado di recuperare, attraverso il restauro, beni d’arte come dipinti, arazzi, libri, statue, mosaici e facciate di residenze storiche. Restauratore e Collaboratore Restauratore sono le figure professionali più richieste che, attraverso un percorso formativo, possono concretizzare la passione per l’arte in una grande opportunità di lavoro. A metà ottobre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto relativo alla prova di idoneità per ottenere la qualifica di restauratore, se si è in possesso del titolo di Collaboratore Restauratore. Sul sito Istituzionale dei Beni Culturali sono riportati in PDF anche gli elenchi degli iscritti Ma procediamo con calma, i l primo passo per accedere alla qualifica di restauratore è diventare tecnico del restauro ( Collaboratore Restauratore) di beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici. È la figura professionale che collabora con il restauratore eseguendo, con autonomia decisionale strettamente afferente alle proprie competenze tecniche, determinate azioni dirette ed indirette per limitare i processi di degrado dei beni ed assicurarne la conservazione, operazioni di cui garantisce la corretta esecuzione secondo le indicazioni metodologiche ed operative, sotto la direzione ed il controllo diretto del restauratore. Ha la responsabilità della cura dell’ambiente di lavoro e delle attrezzature, cura la preparazione dei materiali necessari per gli interventi, secondo le indicazioni metodologiche del restauratore. (Art.2 c.1 D.M. 26 maggio 2009, n. 86).
Il percorso formativo di base non è, come si è portati a pensare, prerogativa del liceo artistico o degli Istituti d’arte, rientrano nel percorso anche lo scientifico e il classico. Le diverse conoscenze acquisite andranno poi ad amalgamarsi tra i laboratori e le biblioteche delle accademie. In ogni caso la buona conoscenza della storia dell’arte è indispensabile per forgiare passione e competenze. È una professione che non si improvvisa e, come in Medicina, ha le sue specializzazioni, tra le quali il Restauratore dei beni culturali e delle opere d’arte, che richiede un percorso di studi e di conoscenze tecniche specifiche, il Restauratore di libri antichi, una pratica molto delicata finalizzata al recupero e alla conservazione di stampe e libri, il Restauratore di mobili antichi, che lavora spesso per gli antiquari al recupero di mobili d’epoca, il restauratore di mosaici e finanche il restauratore di tessuti. In Italia operano scuole di formazione per il restauro, riconosciute a livello Internazionale, che rilasciano attestati utili per partecipare a concorsi pubblici, tra i più noti ricordiamo l’ Opificio delle Pietre Dure a Firenze, ( che ha riaperto il suo bel Museo), la Scuola per Artigiani Restauratori “Maria Luisa Rossi” a Torino, il Centro Conservazione Restauro La Venaria Reale (TO), la Scuola per il Restauro del Mosaico a Ravenna, l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro a Roma, l’Accademia Galli di Como, che offre due profili tra cui scegliere: PFP1 per il restauro dei materiali lapidei e derivati e PFP2 per il restauro di manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Il corso quinquennale a ciclo unico in Restauro porta al conseguimento del titolo professionale di Restauratore, riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività culturali (MiBAC). Molto interessante anche l’ Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro (ICPAL) con sede in via Milano 76 a Roma. Oggi l’ex art. 182 DLGS 42/2004, anche se criticato da varie parti, offre l’opportunità attraverso una prova selettiva, l’accesso al titolo di restauratore a oltre 11mila tecnici in possesso dei requisiti abilitanti, che possono produrre referenze conseguite anche nelle botteghe e con percorsi di studi diversi dall’ indirizzo formativo specifico. Alla data del 15 settembre 2020, sul sito dei Beni Culturali, risultavano già abilitati oltre 1000 richiedenti. Ma cosa spinge tanti giovani a scegliere questa professione?
Per ottenere una risposta pertinente, abbiamo contattato e incontrato due veterane del restauro, Flavia Troise e Lilli Longobardi, impegnate in questo periodo a ripristinare la bellezza facciale del teatro San Carlo di Napoli. << I miei anni formativi , tra liceo e accademia>> ricorda Flavia << sono stati abbastanza combattuti culturalmente, perché non riuscivo a condividere alcuni metodi di insegnamento, così ho sospeso gli studi e cominciato a frequentare laboratori e cantieri dove, tra stucchi, strofinacci e pennelli, ho scoperto la mia passione per il restauro. Ho deciso allora, di riprendere gli studi, indirizzando il mio percorso formativo al restauro e alla conservazione dei manufatti lapideo. Nel 1999, con le competenze acquisite ho cominciato a lavorare. Nel nostro campo di solito veniamo ingaggiati dai laboratori di restauro, dalle imprese edili, da amministratori di condominio e, anche se raramente, dai privati. Tenete presente che il nostro lavoro è spesso eseguito all’aperto, dunque è facile capire che lavoriamo più in estate che in inverno. Facendo la somma del guadagno annuo, riesco a portare a casa tra i 1300/1400 euro al mese >> Lilli Longobardi apre il suo intervento lanciando un messaggio a gli aspiranti tecnici del restauro << Il mio consiglio, per chi decidesse di intraprendere questa professione è di non tralasciare, anche se occupati, gli aggiornamenti tecnici sulle nuove metodiche di recupero, perché in questo campo la conoscenza del nuovo è indispensabile>> Poi racconta di se << Ho iniziato il mio percorso professionale direttamente nei cantieri , questo mi ha dato la possibilità di fare tanta esperienza. Ma anche lavorando ho continuato ad arricchire le mie conoscenze teoriche, partecipando ai corsi di aggiornamento tenuti dai professori dell’ I C R di Roma e dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, organizzati solitamente a Roma. I nostri contratti di lavoro sono a tempo, pagati in base alle tabelle sindacali e vincolati ai risultati. Di solito lavoriamo con contratto di assunzione e non tutti abbiamo la partita IVA. Le imprese o i committenti valutano la nostra professionalità sul campo, dunque un buon passaparola sulle prestazioni fatte è paragonabile, per noi, a un centro per l’impiego>>. Arrivati ai saluti, le due operatrici ci parlano della loro ultima “Mission”: ridare un aspetto decoroso alla facciata del Teatro San Carlo. Una bellezza architettonica, realizzata nel 1737 per volontà del Re Carlo III di Borbone, costruito in circa otto mesi sotto la direzione dell’architetto Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale. << Tutti i monumenti, anche quelli che utilizzano materiali lapidei naturali e di qualità>> ci spiega Flavia <<vanno incontro a fenomeni di alterazione dovuti all’usura>> Chiude la breve relazione Lilli << E il nostro San Carlo ha ben 283 anni, con i problemi tipici della sua età come l’ alveolizzazione ( formazione di cavità da erosione) e concrezione ( Incrostazione di minerali)>>. Insomma un saluto da vere e simpatiche veterane dell’arte
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