Graphic novel e stereotipi: come innovare la didattica inclusiva con i fumetti
Scritto da redazione il 29 Settembre 2020
Partiamo dalla definizione: cosa si qualifica come graphic novel? Il termine risulta controverso già dalla sua origine promossa da Will Eisner nel 1978 a favore di un’opera a fumetti che riprenda la forma di romanzo autoconclusivo, per estensione assimilabile ad un’opera letteraria. Locuzione inglese, nasce al maschile ma si impone anche come termine femminile per l’assonanza di novel con l’italiano novella. Un prodotto multimediale che ha beneficiato della terminologia anglofona per acquisire un’aura di successo, per descrivere un oggetto di moda da collezionare. D’altro canto appare evidente la necessità di elevare il prodotto del fumetto al rango del romanzo, riproponendo quella dicotomia tra alto e basso, impegnato e leggero che mal interpreta il fine ultimo dell’arte grafica. Senza dover ricordare la secolare sottomissione dell’εἰκών (immagine) al λόγος (parola), il merito dei graphic novel è quello di aver coinvolto e avvicinato moltissimi non iniziati ad una forma narrativa attraverso un linguaggio di facile accesso e viceversa aver agganciato l’immagine ad un insieme di tematiche familiari ai lettori di romanzi e racconti. Proprio a questo proposito è possibile fare del romanzo grafico uno strumento di decostruzione degli stereotipi di genere e non solo, in ottica educativa e pedagogica. Partendo dall’esempio dal capolavoro del padre del genere Will Eisner e il suo Fagin l’ebreo (001 Edizioni) che consiste in una rilettura antirazzista del personaggio di Moses Fagin in Oliver Twist di Dickens per giungere al fortunatissimo Cattive ragazze di Assia Petricelli e Sergio Riccardi (Sinnos) che ripercorre la storia di 15 scrittrici, condottiere, scienziate, attiviste, filosofe, cantanti, pittrici che hanno segnato la Storia, o come l’opera di Takoua Ben Mohamed che affronta pregiudizi e stereotipi sull’islamofobia e il razzismo, nel suo Sotto il Velo (Fandango Editore), in cui descrive i suoi preconcetti e quelli degli altri con un’ironia disarmante. Verrebbe da chiedersi per quale motivo i graphic novel e il mondo dei fumetti siano così adatti a studiare gli stereotipi e l’immaginario della realtà che ci circonda. Come si sono spinte a studiare alla Casa delle Donne di Lucia Y Siesta, in occasione de progetto Aldilà degli stereotipi a fumetti (Roma, Gennaio 2018) nell’ambito della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere, con il supporto della Regione Lazio. Distinguere il fine tra un prodotto multimediale apertamente CONTRO o SENZA pregiudizi riflette due intenti molto diversi, a partire dalla scelta di un linguaggio inclusivo, come nella linea editoriale della collana Ariel di Tunué, un progetto in cui le differenze siano valorizzate nell’intento di andare oltre La dualità conflittuale. Come ogni forma d’arte espressiva il fumetto tende a rappresentare i cambiamenti della società e le spinte innovatrici del costume: la specificità del medium dotato di uno sguardo critico e consapevole ben si presta alla costruzione di un nuovo immaginario scevro da preconcetti, dalle generazioni più giovani fino al pubblico più adulto. In ultimo come si potrebbe immaginare di allestire una biblioteca scolastica e di classe senza i vari graphic novel di successo quali Diario di una schiappa o Persepolis da affiancare agli immancabili classici per l’infanzia?
Filomena Taverniti, docente di scuola secondaria, componente di Indici paritari
Foto dalla copertina del libro “Sotto al Velo” di Takoua Ben Mohamed