Chi è l’insegnante di sostegno?
Scritto da redazione il 25 Settembre 2020
Sono una professoressa, figura referente sull’inclusione, che ha fatto dell’ inclusione la sua regola di vita professionale. Ho iniziato ad occuparmi di alunni diversamente abili nel lontano 1988 e ho vissuto nella mia carriera da una parte, l’evoluzione delle normative relative all’handicap, siamo passati dall’integrazione all’inclusione, dall’altra, la richiesta di una sempre minore competenza in materia ai docenti a cui veniva assegnata la supplenza sul sostegno. Infatti, molto spesso, poiché le graduatorie di docenti specializzati sono esaurite, in deroga, vengono nominati docenti ma non specializzati.
Per anni ho “combattuto” contro gli insegnanti curriculari che ritenevano il docente di sostegno di serie “ B” facendo loro capire che all’insegnante specializzato gli vengono richieste molte più competenze rispetto a quello curriculare, infatti oltre ad avere conoscenze di una disciplina deve avere quelle relative alla sviluppo dell’ apprendimento e delle atipicità indotte dalle diverse condizioni di disabilità.
Il lavoro dell’insegnante di sostegno è infatti un lavoro complesso caratterizzato da più dimensioni combinate tra loro definite da “ saperi”, ossia competenze culturali didattiche, da “ valori” cioè responsabilità educative legate alla partecipazione alla vita scolastica e da un continuo mettersi in gioco e riflettendo sul proprio operato. Inoltre deve essere in grado di tessere reti di relazioni significative a livello professionale con i colleghi curriculari, con gli educatori, con il personale assistenziale, con i familiari, con gli operatori sociali e sanitari, con le figure importanti di un territorio, con i rappresentanti degli Enti locali, di varie Amministrazioni, di Cooperative sociali. Ciò significa che deve avere soprattutto competenze relazionali, capacità di ascolto ed empatia e deve essere “ lo specialista” di tavoli di concertazione e di decisione comune, dove aiuta tutti a comunicare realmente, a rispettare i ruoli, a decidere insieme, a fondere saperi e prospettive al fine di realizzare una progettazione condivisa ( PEI). Un insegnante che ha la capacità di guidare e realizzare gli opportuni processi di insegnamento-apprendimento nelle diverse situazioni (individuali, di piccolo gruppo e nel gruppo classe, in condizioni strutturate e libere) mettendo in campo un intervento specifico nei diversi momenti e nelle diverse occasioni di apprendimento. Con l’alunno nello specifico deve fungere da facilitatore offrendo lui la possibilità di imparare a interpretare, organizzare e strutturare le informazioni che provengono dall’ambiente senza però eliminare le difficoltà ma proponendole in maniera graduata, esplicitando gli obiettivi, cercando di stimolare l’autonomia incoraggiando il superamento degli ostacoli.
Tutto questo non è affatto facile e non è sufficiente la “ buona volontà” .Essere un insegnante di sostegno non può essere solo una scelta dettata da una predisposizione naturale ad aiutare i più svantaggiati o da una vocazione sociale, ma richiede una preparazione specialistica universitaria. Purtroppo anche quest’anno al suono della campanella mancano molti insegnanti specializzati e circa il 40% viene selezionato dalle liste curricolari. Questo accade perchè oltre ai posti messi a bando dalle Università, che risultano essere sempre irrisori e non sufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale, c’è la mancata trasformazione in deroga delle cattedre e le esigue immissioni in ruolo sul sostegno. Appare evidente che da un simile stato di cose, inevitabilmente si infranga la continuità didattica a cui ha diritto l’alunno disabile. Continuità didattica che andrebbe garantita a tutti gli studenti così come previsto dal decreto n. 96/2019, art.14 e che purtroppo rimane una norma scritta ma non attuata.
Maria Somma