Musicoterapia nella scuola

Scritto da il 24 Giugno 2020

Ho trascorso gran parte della mia vita nella scuola. Ho vissuto con i ragazzi, di ogni età, di ogni estrazione sociale e culturale. Ho lavorato per l’istruzione e l’educazione (nel senso etimologico del termine, da e-ducere, far crescere, tirare su) donando me stessa agli altri, ai ragazzi, più o meno grandi, più o meno difficili, con impegno, con spirito di abnegazione, con energia mentale e intellettuale, ma soprattutto con Amore.
Perché, checché se ne dica, l’insegnamento e l’educazione sono soprattutto un atto di Amore, quello con la A maiuscola, per cui si dà anche quando si sa di non ricevere granché in cambio.

Perché questa premessa? Perché le metodologie didattiche, oggi, sono svariate; oggi, infatti, la didattica, la pedagogia, la psicologia sono all’avanguardia. Ma se i ragazzi non “sentono” che tu ti interessi di loro, se avvertono che in te non c’è realmente cura di loro, ma stai solo svolgendo un lavoro come un altro, non si può sperare di ottenere granché.
Mi sembrava doverosa questa premessa, perché al di là di regole di studio e di paradigmatiche soluzioni alternative, rimane fondamentale l’ approccio di interesse umano.
Contenuto
“La musica può fare di un’anima devastata
una Cattedrale”
Vasile Ghica, scrittore rumeno

Come exerga ho inserito la frase di questo scrittore rumeno perché mi sembra la più adeguata a rispecchiare lo straordinario apporto che la musica può operare soprattutto nei confronti dei giovanissimi o dei ragazzi problematici. Entriamo in medias res: cos’è la musicoterapia e cosa fa in relazione alla scuola.
Per quanto riguarda la musicoterapia, parola formata da due lemmi, musica e terapia, il significato è chiaro, ma comunque preferisco adoperare la definizione che ne ha dato la World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di Musicoterapia) nel 1996:
“La musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive”.
Come vedete, è una definizione che chiarisce in modo preciso e esauriente la valenza e la funzione della musica come terapia.

Cenni storici della musicoterapia
L’utilizzo della musica come terapia si può far risalire addirittura al 1500 A.C.
Nel Libro III della “Repubblica” di Platone, ad esempio, venivano descritti gli effetti dei diversi modi di fare musica (dorico, frigio, lidio, eolio, …) sull’animo umano.
Nell’Italia meridionale del Medioevo la musica e la danza, nella fattispecie la tarantella, venivano impiegate per combattere il delirio indotto dal morso, reale o immaginario, della tarantola.
D’altronde, la musica, come la poesia o l’arte in genere, ha sempre suscitato una forte influenza positiva sulle creature umane. Ricordate Foscolo delle Grazie: in quest’opera il poeta porta avanti l’idea che le Grazie, dee intermedie tra il cielo e la terra, hanno avuto il compito di suscitare negli uomini i sentimenti più puri ed elevati attraverso il senso della bellezza, cioè la musica, la danza e la poesia.
Ma l’utilizzo consapevole del suono nella relazione di aiuto si avrà intorno al 1950, quando viene fondata negli Stati Uniti la prima associazione di musicoterapia, la NAMT (The National Association of Music Therapy), dopo che nell’Università del Kansas era stata utilizzata la musica per riabilitare i reduci della 2° Guerra Mondiale.
La musicoterapia e la scuola
“La musica merita di essere la II lingua obbligatoria
In tutte le scuole del mondo”
Paul Carvel

Oggi, la musica, utilizzata in innumerevoli campi educativi e formativi per la sua valenza nella prevenzione, nella riabilitazione e nella crescita di soggetti in età evolutiva, può trovare impiego anche in ambito scolastico.
Chi ama la scuola e quanto si fa in essa per l’integrazione, l’inserimento, l’accoglienza, non può non riconoscere l’alta valenza della Musica nell’approccio a problematiche diverse
E’ bello pensare alla scuola come ad un centro culturale polivalente, un’isola dalle mille risorse, “che accoglie ed istruisce”, come deve essere. L’avventura della ricerca, il gioco dell’esplorazione, la sperimentazione, la creatività, l’immaginazione, potrebbero essere i ponti su cui fondare una nuova immagine dell’ambiente scolastico attuale. Questo per ogni bambino e ragazzo che si trova a intraprendere il cammino scolastico, indipendentemente dalle sue “abilità”.
La rivitalizzazione della scuola deve essere basata su di un dialogo costantemente aperto fra ogni professionalità che la forma. Insegnanti, operatori, esperti e molte altre figure costituiscono le voci di un contrappunto che si muove a stretto contatto per lo stesso obiettivo: l’incontro-trasformazione di nuove identità che si formano.
Cosa c’è infatti di più bello dell’assistere e del collaborare alla formazione di giovani creature che come alberi snelli gradualmente si alzano dalle loro radici, seguiti e corretti nella crescita da persone che sappiano ciò che fanno e che comprendano l’importanza e la delicatezza del loro lavoro?
Il campo in cui si opera è molto delicato, è quello dello sviluppo dell’essere umano, il che significa far incontrare due istanze, tradizionalmente tenute distanti e distinte: l’aspirazione a trasformare e quella a regolare.
Dice una sociologa, Laura Angiulli: “Non c’è didattica che possa sottrarsi alle regole della seduzione”. Ed è vero. La seduzione è un’arma fondamentale che gli educatori dovrebbero saper esercitare per coinvolgere e conquistare.
Fra i tanti elementi da usare per operare la “Seduzione”, in questo contesto, c’è anche la musicoterapia.
Essa nella scuola molto spesso viene inserita per risolvere problemi legati all’integrazione, all’handicap e al disagio. Viene richiesta per le più disparate situazioni, frequentemente anche in modo inconsapevole.
Quello per cui, in realtà, la musicoterapia dovrebbe esistere come elemento permanente all’interno delle strutture educative e formative, è la creazione e conservazione di un ambiente “ecologicamente adatto” al confronto, alla discussione, alla valorizzazione di ciò che è diverso e alla crescita: l’esperienza umana e vitale col suono deve essere patrimonio della totalità dei bambini, dei ragazzi che oggi si trovano a percorrere l’avventura del cammino scolastico, per quanto lungo esso possa essere.
Si lavora, si gioca, ci si incontra con la musica e col suono in base a dove siamo, con chi siamo, nel momento presente dell’ “hic et nunc”. Così il bambino o la bambina (con handicap e non) entrano in relazione con la classe, con l’insegnante, con “l’amico musicale” in mille modi diversi e tutti scoprono le risorse di questi modi, i quali costituiscono anche opportunità di formazione, di relazione, di confronto, di contaminazione, di mutazione pacifica, creativa e non violenta.
Sono preziose le figure dell’insegnante e dell’operatore che affiancano il professionista nel suo ciclo lavorativo: per queste figure stesse, per il contatto che hanno con i bambini/ragazzi, per una rivitalizzazione naturale che potrebbero scoprire attraverso la musica, per potenziare ed anche replicare alcune esperienze proposte dal musico terapista.
L’esperienza del coro, in una scuola, ad esempio, risulta davvero vincente: l’armonia di voci e di assonanze fa sì che anche i ragazzi più complicati vengano inevitabilmente travolti dall’armonia dell’insieme. È così che si forma il gruppo, la coralità, l’esperienza collaborativa. Ed è così che il ragazzino ipercinetico o quello depresso o quello silente, acquisiscono la voglia di collaborare. La musica vince. Vince sulle solitudini individuali, vince sui silenzi dell’anima, vince sull’aggressività emozionale.

Dopotutto, l’armonizzazione delle varie identità sonore di ogni persona comporta l’armonizzazione anche delle identità proprie, delle professionalità, degli ambienti e di quanto altro è necessario per una sana e pacifica collaborazione.
In questo contesto l’intento dell’operatore è mettere a confronto graduale e progressivo i ragazzi con un codice del comportamento che poco per volta apra verso il “fare musicale” a partire dalla regola, dal rispetto dei tempi dell’altro, anche dal rigore se necessario. E ciò per mettere fuori un “fare artistico” che nasce da istanze profonde dei ragazzi, prima immediate poi vestite sempre più con le regole di un gioco che vanno rispettate.
Per liberarsi, per incanalare nella giusta direzione frustrazioni e paure, infine per vivere coralmente la bellezza della musica.
La musicoterapia dunque si è fatta arte passando per la viva esperienza, esplorazione appunto, che qui è eco, canto, storia di ciascun ragazzo.
Prof.ssa Angela Procaccini

Foto di Niek Verlaan da Pixabay 


Opinione dei lettori
  1. Lydia   Di   28 Giugno 2020 alle 21:35

    Dai suoi scritti ( sempre ricchi di citazioni eccellenti) traspare la ricchezza e la nobiltà del suo animo e soprattutto l’amore che impiega nel suo “lavoro”
    Grazie di cuore

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