DaD, o non DaD, arriveremo a…
Scritto da redazione il 11 Giugno 2020
Difficile da credere ma a quanto pare, al netto delle aspre polemiche che hanno interessato attori e fatti inerenti al degenerare dell’emergenza sanitaria, chi si salva in extremis dopo gli operatori sanitari è proprio la scuola con le sue risorse in campo, tutte (o quasi) impensabilmente reattive!
Difficile crederlo forse perché comunemente nel nostro paese esercitare con perizia il proprio mestiere coincide quasi sempre con l’azione eroica (?); ed è talmente radicata questa concezione da mettere puntualmente a disagio il professionista che come abito mentale ha proprio quello di praticare a dovere ciò che sa fare!
Poi ci rifletto e penso che in Italia la questione morale è sospesa quindi di che parliamo!?
ma al di là di queste considerazioni il tema che intendo affrontare riguarda la DaD ma su un terreno meno comune del dibattere diffuso, ovvero sul generale effetto che può (credo) aver suscitato in noi come educatori-insegnanti: quali visioni altre? quali aspetti, fino ad oggi non considerati (sempre ammesso che li si scorga) ci convincono che abbiamo, sin qui, ben navigato? e se sì, in che misura? Il discorso si mostra allora più complesso che non quello a monte dei bilanci statistico-numerici o delle problematiche strutturali connesse al digitale.
Abbiamo ben navigato sin qui?
La risposta dal mio punto di vista è SI’ !! non ce lo dice la stampa o sondaggi a macchia di leopardo svolte in questa o quella area del nostro Paese, ma i fatti: a dispetto di quanti (e chi) siano coloro che si limitano a un giudizio meramente estetico sulla dad, c’è anche chi ha interpretato questo passaggio repentino dall’aula fisica a quella virtuale come cartina di tornasole per capire più profondamente il senso del proprio lavoro; in tal senso la didattica, per la prima volta davvero è lo strumento anche di riflessione critica su questioni di senso sui per-come o i perché si sia scelta questa professione… se quelle convinzioni o i nostri ideali siano tali, immutabili e non c’è fare, o dire che ne scalfiscano la realtà sostanziale!
Così ho cercato in diverse occasioni di collegialità (e non soltanto) di sospingere a queste riflessioni ma sempre con scarso successo, ove nullo: a prevalere sono giudizi spassionati di matrice più valutativa dei risultati che non la risultante di una riflessione; e la cosa , sono sincera , mi lascia perplessa perché circostanze così pervasive del nostro mondo e della nostra interiorità devono dirci, e infatti ci dicono molto più di quanto osiamo chiedere a noi stessi in relazione alla nostra funzione; così mentre noi ci affancendiamo su riscontri meramente ‘fisici’ in riferimento alla DAD, essa per paradosso continua ad interrogarci , anche se improduttivamente, essa … ci ha posto quesiti di senso attraverso quei volti (stra-volti) dei nostri alunni, ma ancora una volta qualcosa (nel caso di specie la maniacale ermeneutica delle ordinanze) ce ne ha paradossalmente distratto.. così ci limitiamo anche qui a giudizi parzialmente descrittivi della realtà sottolineando che i ragazzi manifestano il bisogno di scuola! Mi pare tuttavia che all’urgenza di umana socialità, si uniscano fattori ad essa complementari: forse la dad mostra loro, chi noi siamo per loro(?!) e nel farlo risponde ai quesiti di cui prima dicevo e che ci riportano alla legittimità delle nostre scelte; essi noi riscopriamo con loro di situarci a metà strada tra il loro essere e il loro darsi individuale… tra il loro essere (persona, figlio, cittadino..) e la rigida necessità del dover-essere! Come medium di significato sostanziale tra il loro pro-venire e il loro andare nel mondo!
Così stiamo con loro, e ci stiamo riconoscendone il perché; il quesito di senso dunque, si impone con forza essendo di per sé la forza del nostro agire etico. SARA RACITI